In scena al Teatro Sala Umberto di Roma dall’11 novembre al 30 novembre, Giuliana De Sio è Adriana nella pièce “Notturno di donna con ospiti” dello scrittore napoletano Annibale Ruccello. Dopo 20 anni l’attrice campana riporta a teatro la sua Medea, regalando al pubblico un’interpretazione intensa, convincente, a tratti comica, ma profondamente drammatica. Insieme a lei sul palco: Gino Curcione, Rosaria De Cicco, Luigi Iacuzio e Mimmo Esposito. La regia è di Enrico Maria Lamanna.
Abita in un borgo lontano dalla città, Adriana, immersa nella periferia dell’hinterland napoletano. La sua casa è silenziosa. Soltanto la melodia di un pianoforte strimpellato dai vicini irrompe nel silenzio di quelle pareti ovattate. Un suono che non riesce a sopportare. Neanche lei, che pure rincorre le voci della tv e del telefono per trovare una compagnia alla sua profonda solitudine. Eppure apparentemente non manca nulla a questa donna: un marito, un po’ scontroso e irruento sì, ma che la desidera ancora, due figli, i suoi amati figli per cui l’apprensione di madre non è mai abbastanza. I bambini dormono al piano di sopra, Michele, il marito, lavora tutte le notti fuori casa e rientra all’alba. Fa il metronotte e la sera non c’è mai. Il solo svago che si concede Adriana è starsene appollaiata a ripassare l’ennesima replica di un film andato in onda troppe volte. Solo la chiamata della madre, che le racconta la giornata interrompe il flusso monotono del suo tempo.
La mente della donna è popolata dagli spettri del passato che, come un’irruzione molesta e a volte consolatoria, si affacciano nel suo presente. Il cerchio del passato non si è chiuso e gli elementi che lo ricordano si ripresentano uno ad uno a risollevare questioni irrisolte: la compagna di banco dispettosa, il primo fidanzato, la madre ingombrante, la presenza-assenza del padre, gli amori mai dimenticati.
Ad un tratto, nelle sue oniriche allucinazioni arriva il momento della verità, quello risolutorio, e in quell’istante allucinazione e delirio si fondono in una realtà che non consente redenzioni da risveglio. Lo strappo è reale, non è più sufficiente svegliarsi per uscire dall’incubo.