Dal 29 marzo al 14 settembre le Sale delle Arti della Regia di Venaria Reale (Torino) ospitano la mostra “Alta Moda, Grande Teatro”, curata dallo storico dell’arte e della moda Massimiliano Cappella. Più di 200 opere tra costumi di scena e abiti da concerto, bozzetti, illustrazioni e video raccontano il rapporto tra la moda e il teatro, in particolare l’opera e la danza. Sono undici i fashion designer italiani le cui creazioni vengono esposte al pubblico: Armani, Balestra, Biagiotti, Capucci, Fendi, Ferretti, Galante, Mattiolo, Missoni, Valentino, Versace. Gli organizzatori della mostra si sono rivolti agli archivi delle maison, alle sartorie dei teatri e alle collezioni private per recuperare e mettere assieme il ricco materiale espositivo. La mostra proveniente dal Museo di Stato di Teatro e Musica di San Pietroburgo compie a Venaria la sua unica tappa italiana. Come lamenta il suo curatore Massimiliano Cappella in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica l’assenza in Italia di un vero Museo della Moda, con sezioni dedicate espressamente al cinema e al teatro, fa sì che la grande eccellenza italiana in questo settore non venga pienamente valorizzata. Eppure la tradizionale artigianale nella haute couture come nella creazione dei costumi di scena rappresenta da sempre uno dei punti di maggiore forza del nostro paese. Pur mantenendo ben chiara la distinzione tra costumisti e stilisti – una distinzione opportunamente rimarcata da Roberto Capucci che è tra gli autori in mostra – il connubio tra la moda e lo spettacolo può dar luogo ad uno spettacolo nello spettacolo. Come diceva Gianni Versace nel 1989: “Lavorare per il teatro è una liberazione totale, come volare lontano dalla tradizione e dagli schemi per reinterpretare senza costrizioni personaggi e miti”. In effetti, la creazione di abiti di scena consente di esprimere la propria arte al di là dei canoni imposti dal marchio e dalla riconoscibilità della griffe. In teatro lo stilista ridiventa pienamente artista poiché si sente sollevato dalla preoccupazione di rendere appetibile la propria collezione agli occhi degli acquirenti. In scena, anche per la moda, vale la regola dell’arte per l’arte. Il percorso della Venaria, che si snoda tra 85 costumi e 131 bozzetti, parte da lontano: dal 1975 fino ai nostri giorni per ridisegnare una storia del teatro di cui la moda è parte integrante. C’è il kimono del ’75 che Capucci realizzò per Raina Kabaivanska. C’è un Versace tempestato di Swarovski utilizzato per una messa in scena del Capriccio di Strauss del ’91. C’è un abito realizzato da Valentino nel 2012 per Eleonora Abbagnato. E poi c’è un Armani spettacolare (in foto), Bata de Cola, realizzato per Joaquín Cortés nel 2002, con l’ausilio di Lina, la migliore sarta di Flamenco di Siviglia. Ad impreziosire questa mostra si aggiunge il fatto che molti tra costumi e disegni sono inediti, come i 34 bozzetti di Renato Balestra per una Turandot alle Terme di Caracalla che non andò mai in scena.
Pasquale Musella