Dal 9 dicembre al 17 gennaio è in scena al teatro Vascello di Roma Anelante, il nuovo spettacolo di Antonio Rezza. Dopo lo straordinario successo di due anni fa, quell’Antologica che ha portato in scena alcuni successi dell’attore e performer nettunese (nato a Novara), il sodalizio con lo storico teatro romano di Monteverde si rinnova, promettendo un altro trionfo di critica e botteghino. Anelante ha richiesto quasi due anni di prove e di preparazione e, dopo aver visto lo spettacolo, se ne capisce perfettamente il motivo; l’opera è straordinariamente complessa e intricata e mescola un numero incredibile di voci e movimenti, eseguiti dal protagonista e dagli altri attori in scena. Sì, questa è una delle grandi novità della nuova messa in scena: sul palco, oltre a Rezza si muovono altri tre attori, che si aggiungono allo “storico” partner artistico di Antonio, Ivan Bellavista. A dire la verità, tutti gli spettacoli precedenti contenevano delle performances straordinarie di complessità verbale e logica, che in questa nuova fatica sono moltiplicate all’ennesima potenza dalla presenza degli altri quattro attori. A proposito di calcoli matematici, Anelante comincia proprio con uno scienziato che, attraverso i numeri, la geometria e la fisica, cerca di spiegare l’insondabile mistero dell’esistenza, un problema cui non c’è soluzione se non quella di ammettere che si tratta di una continua, verbosa diarrea dialettica, che si contrappone al silenzio della morte. Seguono un sinistro vertice delle potenze mondiali, un gruppo di politici di alto profilo, che danno il loro meglio in una missione diplomatica nel Caucaso, una delle cose più divertenti che possiate vedere a teatro, talmente sconvolgente nel suo essere esilarante, da provocare l’abbandono della sala da parte di due “miscredenti”, travolti dalla forza della scena. E poi le deliziosamente pornografiche esequie a un collega che ci lascia, il dramma di un uomo che non sa smettere di parlare e per questo non può leggere, perché non capisce ciò che c’è scritto sul libro ma poi scopre che i suoi logorroici sproloqui sono necessari per tenere desto il pubblico (anche se tengono lui sveglio di notte). Infine un vecchio ragazzino, che riflette sulla famiglia e sulla morbosa attenzione di una madre che segue il figlio e su un padre pessimo ma scanzonato e divertente. Va bene ridere, però un po’ d’ordine. Su tutti incombe il padre della psicoanalisi, Sigmund Freud, che per secoli ci ha fatto credere che ci piacessero nostra madre e nostro padre, per tenere nascosto quello che era un suo problema. Insomma, Rezza è sempre Rezza e questo nuovo spettacolo non tradisce gli amanti della bruttezza della vita.
Patrizio Pitzalis