Figure femminili. Eleganti, raffinate, lussuose donne imprigionate; è questo l’enigma celato dietro l’arte di Massimo Campigli, a cui è dedicata la mostra in programma alla Fondazione Magnani Rocca, che raccogli oltre 80 opere provenienti da importanti musei e da collezioni private. Viene ripercorsa così l’intera vicenda biografica e artistica dell’autore, che parte dagli anni Venti e arriva fino agli anni Sessanta. Un percorso in cui le sue icone femminili rinchiuse in sagome arcaiche dalla grande suggestione simbolica, si trasformano, nel tempo, in archetipi della donna stessa, in costante bilanciamento tra intellettualità e ingenuità, con la loro rigida geometrizzazione, destinata a caratterizzare tutta la sua opera. La mostra Campigli. Il Novecento antico, organizzata in concomitanza con l’uscita del catalogo completo dell’artista, è curata da Stefano Roffi e pone l’attenzione su una delle figure più importanti della pittura italiana del XX secolo, la cui opera è conservata nei più importanti musei del mondo, al quale però non si dedicava un’esposizione dal 2003 in Germania. Il percorso si snoda attraverso cinque tappe, a cui si aggiungono i mosaici allestiti nei giardini: il ritratto, con le immagini del jet set, ma anche di amici e belle signore celebri; la città delle donne con l’ossessione di un mondo tutto al femminile; le figure semplici, senza fama ma coinvolte in scene di gioco, spettacolo e lavoro, osservate dall’artista con lo spirito con cui le immortalava ai tempi in cui era un fotoreporter a Parigi; i dialoghi muti, con coppie vicine nello spazio ma incapaci di qualsiasi comunicazione; infine gli idoli, frutto dell’evoluzione delle figure di Carrà negli anni Venti e, poi, quelli primitivi che fanno il loro ingresso in scena a partire dagli anni Cinquanta. Inoltre, ad aumentare il già enorme interesse di questa mostra, l’esposizione per la prima volta delle 4 tele che il Campigli teneva nel suo atelier. La sua figura di colto intellettuale europeo è piuttosto insolita nel panorama artistico del nostro Paese. Campigli era nato in Germania, ma la sua formazione era italiana, si sentiva legato alla tradizione italica e mediterranea, etrusca e romana, ma anche greca ed egizia e parlava correttamente cinque lingue. La sua era la figura solitaria di un pittore, nelle cui opere si mescolavano magia e geometria e la lettura in lingua originale di Freud e Jung riempirono i suoi dipinti di figure e simboli. Fu anche un apprezzabile scrittore. L’origine dell’ossessione per la figura femminile va ricercata nelle su vicissitudini familiari. La sua vita, infatti, è avvolta nel mistero e solo in tempi relativamente recenti si è scoperto che era nato a Berlino e si chiamava in realtà Max Ihlenfeld; sua madre aveva solo 18 anni quando lo diede alla luce e, per evitare lo scandalo, fu portato in Italia dove lei lo raggiungeva solo saltuariamente fino al 1899, quando sposa un commerciante britannico e può salvare le apparenze prendendo il giovane con sé e fingendo di essere sua zia. Campigli scoprirà la verità a 15 anni, casualmente. Questo può sicuramente spiegare il mistero espressivo dell’artista dal punto di vista psicologico. Le sue donne sono immobili e irriconoscibili, enigmatiche e lontane, una lunga meditazione sull’arcano femminile e sull’identità reale della cosiddetta dea-madre. Non abbandonerà mai l’infanzia del tutto e permetterà alla sua fantasia di prendere il sopravvento per rendergli la realtà più sopportabile. Dirà in seguito: “Non mi sono mai rifugiato nel sogno, nell’infantilismo, ci sono semplicemente rimasto, non ne sono mai uscito”. La sua formazione avviene a Firenze e a Milano, città all’epoca molto stimolanti, in pieno fervore Futurista, a questo periodo appartengono opere dall’intenso senso ritmico, create con tessere di mosaico che torneranno poi in altri momenti della sua carriera. La visita, a Roma, del museo di Valle Giulia e delle Terme di Diocleziano, influenzano profondamente la sua arte, nel confronto con la ritrattistica del Basso Impero. Cominceranno ad apparire sulle su tele le figure femminili dai grandi occhi senza sguardo, dai corpi geometrici a clessidra, dai colori diafani. Figure che non esistono nella realtà, ma sono ritratti di uomini e donne che vivono nella dimensione mistica dell’immaginario dei Campigli, alle quali in seguito si aggiungeranno le suggestioni del mondo etrusco e di quello, più copto e romano, dell’arte egizia del Fayum. Alla fine, deluso dal minimalismo, che riporta quasi al nulla, raffigurerà i suoi soggetti con un estetica chiusa in se stessa dove i corpi galleggiano irrigiditi in uno spazio assente. Un omaggio ad un pittore insolito, originale e misterioso, un evento fondamentale.
Box informazioni:
Campigli. Il Novecento antico
Fondazione Magnani Rocca, via Fondazione Magnani Rocca 4 – Mamiano di Traversetolo (Parma)
dal 22 marzo al 29 giugno 2014
info: 0521 848327 / 848148