Eventi alla scoperta di una giovane autrice e della sua ultima fatica letteraria, la storia di una donna, di una ricerca e di un ritrovamento che forse non è quello sperato. Casa di carne di Francesca Bonafini.
Dico la verità: non sono un amante delle storie d’amore, né dei romanzi cosiddetti di formazione, non sono bravo con l’introspezione e i sentimenti e i libri che parlano di questi argomenti mi mettono in difficoltà. Penso che certe cose vadano intuite e non raccontate. Certo, ci sono sempre le eccezioni. Il romanzo Casa di Carne, della scrittrice veronese Francesca Bonafini, è una di esse perché il suo è sì un romanzo di formazione, sentimentale e introspettivo, ma è anche qualcos’altro. Innanzitutto la protagonista, Angela, crede che l’amore non sia un’esperienza ma sia l’esperienza che ognuno deve provare almeno una volta, meglio ancora se tante volte, e questo la rende subito più simpatica e più “bella” agli occhi di chi legge perché chi crede nell’assoluto, anche semplicemente nell’amore assoluto, è degno di ammirazione e di affetto. In secondo luogo, l’Amore (ma sì, mettiamo la lettera maiuscola) in cui crede ciecamente Angela è il frutto del mostrarsi nudi, senza maschere o infingimenti, accogliendo la semplicità e l’immediatezza del sentimento amoroso. La nudità è una qualità che la protagonista ama sinceramente confessando di aver imparato ad apprezzarla guardando i film di Pasolini, in cui i volti dei personaggi hanno tutti una particolare luminosità che non deriva dalla perfezione dei lineamenti. Inoltre, per Angela (e credo anche per Francesca) l’amore è la propria Casa di carne, che non è un luogo fisico ma l’angolo dentro di sé e degli altri, in cui si avverte il tremore del sentirsi innamorati, lo stesso della protagonista alla fine del libro, dove è possibile essere irradiati dalla sua luce potente. Insomma, amore come esperienza totale, che mostra a ciascuno la propria essenza e lo spinge a riflettere sulla realtà e su ciò che lo aspetta nella vita. Il fascino originale del libro non risiede però solo nel suo contenuto ma anche nella forma. È impossibile, infatti, non notare il modo particolare di raccontare le vicende, in una bizzarra (è un complimento) prima persona che si esprime “pensando” più che “parlando”. La narrazione non è costruita come un discorso ma come un flusso di pensieri e l’assenza del discorso diretto contribuisce a rafforzare questa impressione; si sa che quando uno pensa non lo fa “sintatticamente”, ma lo fa attraverso ripetizioni, salti temporali e logici, inserimento di connettivi e di interiezioni non necessari. Tutto questo sembrerebbe rendere confuso il testo e invece lo fa diventare bello, come la protagonista, vera, libera e amante della parola scritta e detta. Questo è un altro elemento che mi ha colpito e che ho amato profondamente. Angela è una vera appassionata della parola ed è un’amante delle letterature, tanto che alcune sere si mette con le sue coinquiline a leggere Boccaccio bevendo birra Moretti, lasciandosi andare poi ai commenti con loro. Ama raccontare storie e le sue parole sono spesso impreziosite da riferimenti più o meno scoperti ad altre opere letterarie. Come nel momento in cui transita nei pressi dove è avvenuto lo sbarco degli Alleati nel sud della Francia, nel quale mi è parso di cogliere un riferimento a Mattatoio n° 5 di Kurt Vonnegut, conosciuto anche come La crociata dei bambini, uno dei più importanti esempi di letteratura antimilitarista. Dunque, benché il parere di questo lettore non conti molto, si può comunque dire che Casa di carne abbia da la sua il merito di aver conquistato anche uno “scettico” come il sottoscritto. Si tratta di un ottimo libro, scritto con amore innanzitutto, da leggere assolutamente.
Box informazioni:
Casa di carne di Francesca Bonafini
Avagliano Editore
Patrizio Pitzalis
