Chiamarlo amore non si può

Oramai è un bollettino di guerra. Non passa giorno senza registrare l’ennesima cronaca di violenza perpetrata ai danni delle donne. Femminicidio lo hanno definito, ma è solo l’acme di un universo sommerso e articolato. Perché di violenza non si deve parlare quando la vittima perde la vita, bensì bisogna ricordarsi di questo termine quando si smarriscono valori altrettanto importanti e fondamentali al benessere ed alla sanità, fisica e mentale, dell’individuo. Il rigurgito sessista che pare si sia abbattuto sulla società è in realtà solo la stigmatizzazione di comportamenti reiterati e cronicizzati tali da divenire normali, la reificazione della donna nella cultura patriarcale oggi non è più accettata, nella evoluzione storica degli schemi sociali la donna ha assunto status paritario giuridico ed economico, questa violenza è la risposta più facile ed immediata a chi resta fuori dalla realtà. Le morti, le violenze, gli stupri, i soprusi perpetrati sulle donne e sui minori, anello debole della società, sono lo specchio in cui deve riflettersi una società che sta velocemente cambiando scollegata da parte dei suoi individui.

Queste donne, le vittime, erano considerate come oggetti, oggetti in disponibilità del maschio dominante. Ma chi sono questi uomini, i carnefici? Solo nella minoranza dei casi sono dei pazzi. Solo nella minoranza sono dei reietti. Per questo non vogliamo più sentire nelle cronache parlare di raptus, di dramma della gelosia, di un attimo di follia. La violenza sulle donne rivela un problema sociale e di valori del nostro Paese, solo in parte enfatizzato dalla crisi. E se di patologia si tratta è una patologia sociale, culturale, nutrita dalla mente labile di individui che non riescono a traghettare il passaggio da una società tribale in evoluta, soggetti border line vestiti in doppiopetto. Uomini capaci di uccidere in modo spietato e spesso crudele, che riescono a togliere la vita a colei che hanno amato, ma inabili a riconoscere la propria patologia ed a ricorrere ad un aiuto esterno che sappia ricondurre nella normalità il dolore della separazione e ad elaborare il lutto.

Le singole storie raccontano un’unica trama: donne che reclamano la loro indipendenza (anche soltanto nella scelta di chiudere una storia d’amore), donne che chiedono l’affido dei figli (spesso vittime anche loro della mattanza per vendetta trasversale), donne che si rivolgono alle forze dell’ordine, donne che reclamano semplicemente di esistere e per questo motivo meritano di essere punite, fino all’estremo. Se mi lasci, ti cancello. Non dal cuore, dal mondo!

 

Sabrina Cicinsant

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares