Ciclo Mont’oro a cura di Guglielmo Gigliotti. La montagna e l’oro

L’oro, da sempre, suscita visioni di grandezza e potere. Quando si pensa ad esso, subito corrono alla mente le grandi regge dei sovrani del passato e degli dei che abitavano i pantheon antichi, il fiume di metallo prezioso delle civiltà precolombiane. Ma l’oro ha anche un significato arcano e mistico, che riguarda la parte più sensibile e nascosta dell’animo umano e che riesce ad emergere nell’opera degli artisti, la cui sensibilità rappresenta e ha sempre rappresentato la sua espressione luminosa, dorata appunto. In questo senso, filosofico e iniziatico, è inteso l’oro nel progetto espositivo curato da Guglielmo Gigliotti per la galleria Montoro12 Contemporary Art, all’interno del famoso palazzo romano. Si gioca con le parole e quell’apostrofo impertinente ha trasformato la realtà in visioni fantastiche: l’oro, la montagna e il mistero che essi celano. Si tratta di un percorso articolato in tre capitoli, che si svilupperanno come delle originali mostre bi-personali, nelle quali ogni volta sarà analizzata l’arte e l’opera di due maestri. Il primo capitolo si intitola L’oro dell’impermanenza e si occuperà dei lavori di Gregorio Botta ed Emmanuele De Ruvo, ai quali seguiranno Simone Cametti e Marina Paris e Bruna Esposito con Pietro Fortuna. Lo splendore dell’oro non ha eguali e, nell’opera di Botta e De Ruvo, splende un oro arcano, un impalpabile sole, visibile anche di notte. È l’oro dell’impermanenza, appunto, e come tale esso ha la fuggevolezza del vento e la consistenza dell’acqua, si trova in ogni dove e, allo stesso tempo, da nessuna parte. Quello che accomuna i due artisti e proprio l’inafferrabilità. Le loro creazioni sono sempre sul punto di scivolare dal precario filo di rasoio che hanno scelto come base, per espandersi e cercare nuovi e altrettanto instabili equilibri. Nell’epitaffio scelto per la propria lapide dallo scrittore romantico John Keats c’è scritto: “Io sono un uomo il cui nome è scritto sull’acqua”. Allo stesso modo l’essenza delle opere di Botta è la perdita delle forme e non il loro ritrovamento, per lui il possesso inizia proprio con l’abbandono. Pertanto il suo è l’oro delle visioni felicemente malinconiche che riesce ad imprimere nella nostra coscienza, ormai sfiancata dalla ricerca del reale e bramosa di spazi più ampi in cui possa muoversi liberamente. La cera, il fuoco,l’acqua che scorre e la scrittura che svanisce nelle sue creazioni sono luoghi inesistenti dell’anima, in cui l’assenza di un baricentro si trasforma in opportunità, nell’occasione del volo pindarico, del culto del vuoto, della soddisfazione della poesia. Per gli alchimisti il sogno più grande è stato quello di trasformare il piombo in oro, inteso come desiderio di elevare lo spirito umano dalla gravità del materiale alla leggerezza dello spirituale. Allo stesso modo e per lo stesso motivo Botta trasforma la realtà in sogno. Per lui la materia sogna il suo contrario, cioè l’immaterialità e noi, che siamo esseri materiali, sogniamo insieme ad essa l’oro che da sempre si cela dentro di noi. Parimenti, nella scienza alchemica lo stadio dell’oro era quello in cui si univano alla perfezione gli opposti, per dare forma a quell’unità che da origine e forza alla vita. Per questo le opere di De Ruvo cercano spasmodicamente l’equilibrismo perfetto, quell’assoluta parità di pesi e contrappesi che costituisce la quiete da cui nasce l’equilibrio stesso. Ma questo baricentro lo si torva solo nella fusione di forze contrapposte, che rappresentano l’equilibrio della vita; esso è vivo e, in quanto tale, sempre precario e la sua attuazione è una magia che si rinnova di volta in volta. Non c’è niente di metafisico nelle lastre di marmo o nelle macchine da scrivere sorrette in equilibrio terribilmente instabile da esili fogli di carta, nei magneti di polarità contraria giustapposti gli uni di fronte agli altri o, ancora, nei marchingegni sempre sull’orlo della perdita del loro bilanciamento perfetto. La vita stessa è un continuo susseguirsi di momenti, in cui si perde e si ritrova l’equilibrio, che si somigliano tutti pur essendo diversi e nei quali si dipana il lungo flusso degli aggiustamenti che facciamo che sembrano dipartirsi gli uni dagli altri. Interessante e originale questo progetto, permeato di filosofia e pensiero arcano e misterico, che va alle radici dell’essenza umana e parla al cuore profondo, all’oro nascosto, della nostra anima.

 

Box informazioni:
botta_largeL’oro dell’impermanenza

Montoro12 Contemporary Art – Via di Montoro 12, Roma

dal 27 febbraio al 27 marzo 2014

info: 06 68308500 – 366 8021112

         Email:info@montoro12.it

 

Patrizio Pitzalis

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares