Può la nostra mente truffare la nostra personalità, portare l’inganno nella nostra vita? La nostra stessa mente, simbolo della razionalità e del controllo, ciò che per molti distingue l’animale dall’essere umano, risulta infine una grande mistificatrice. È questa l’idea alla base del libro Ciò che la mente non dice, opera prima del giovane artista pugliese Giovanni Risolo. La sua teoria è che la mente, intesa come πσυχή (psiche) nel senso antico di parte razionale dell’anima, abbia in ogni tempo condizionato i comportamenti umani, partendo da un’errata valutazione della differenza tra giusto e sbagliato. Risolo sente che ancora oggi questo condizionamento è forte e costante, in parte perché per sua natura l’uomo è debole e soggetto alla dominazione e in parte perché la mente, il cavallo bianco della biga platonica, è quello che tira più forte, è quello predisposto naturalmente a controllarci. L’opera dunque si presenta come un cammino dentro sé stessi, una rivisitazione dei propri legami, importante per la singola persona e per coloro che vivono con lui. Emozioni, squarci visionari, idee sull’irrazionalità del comportamento umano, vista in ottica psicologica e filosofica, un viatico per allargare i propri orizzonti sulla realtà che ci circonda. Uno scrittore eclettico, Risolo, che si mette alla prova su tematiche complesse e ingannevoli, ma lo fa con un piglio nuovo e originale derivato dalla sua “strettamente personale” visuale. Il suo è un poema esistenziale che si rivela come un flusso di pensiero, elemento tipico della psicologia degli albori e, in quanto tale, esso rappresenta un omaggio all’opera di Joyce prima e di Svevo poi. La sintassi libera, i giochi di parole e i richiami dotti, inseriscono il suo testo nel solco della grande tradizione italiana dell’umorismo, inteso come genere letterario privo di regole rigide, rappresentato nella sua massima espressione da autori come Zavattini e Flaiano. Ma tutto è perfuso di un’atmosfera diversa e un po’ straniante, che catapulta il lettore all’interno di questa atavica lotta antropologica che si svolge nell’essere umano fin dalla notte dei tempi. Si può dunque fermare un’emozione, cristallizzare un sentimento o analizzare razionalmente un pensiero spontaneo? La domanda viene superata dall’interpretazione di Risolo, che si spinge oltre affermando che non importa se si possa o meno, la verità e che non si dovrebbe. La lingua è uno strumento che l’autore utilizza con maestria, alternando un lessico piano e facilmente comprensibile all’inserimento di parole colte, mutuate dal linguaggio tecnico della filosofia e della psicanalisi, dimostrando così un’attenta lettura di opere di tale argomento e creando una varianza e una contaminazione affascinanti e di sicura presa sul lettore. Non è di facile individuazione il genere letterario di Ciò che la mente non dice ma la sua forza non risiede nella forma quanto piuttosto nel messaggio che riesce a trasmettere, attraverso uno stile nuovo, fresco, moderno. Un’opera sorprendente, un giovane artista emergente. È bello, qualche volta, scoprire un libro che ancora ha la capacità di sorprendere e di risultare originale.
Patrizio Pitzalis