Palermo come Cuba in un gemellaggio culturale che vede la prima ospitare un grande evento culturale internazionale ” Cuba.Tatuare la storia”. Ed è grazie all’arte che la città siciliana partecipa allo straordinario momento storico che Cuba sta vivendo. L’esposizione,sotto la direzione di Diego Sileo con il coordinamento progettuale di Giulia Ingarao, insieme con Antonio Leone. darà alla luce opere internazionale di 11 artisti che disegneranno l’isola da due prospettive diverse.
Cuba rappresenta storicamente un luogo di incontri e mutazioni: è metafora dell’incontro di culture confluite in un orizzonte creolo e tropicale. Ogni singolo artista in mostra a ZAC racconterà, attraverso le sue opere, la tappa di un viaggio verso l’ambito antropologico e ontologico dell’isola, con i suoi splendori e le sue difficoltà, le sue istanze culturali, linguistiche e mitiche. Da sempre l’isola dell’utopia ,in tensione tra rivoluzione ideologica e “dittatura” castrista,tra la forte identità cubana e la necessaria e inevitabile contaminazione. Protagonista di un progetto rivoluzionario, al centro di scontri ideologici tra America e Unione Sovietica, isolata quasi, dal mondo per via degli embarghi. Come spiegano gli organizzatori della mostra,è la stessa esperienza artistica cubana che si nutre ed elabora le profonde contraddizioni del Paese così come le stratificazioni transculturali della propria storia, in chiave critica, soggettiva e individuale. Questa attitudine rinvia a una molteplicità di esperienze che solo nell’insieme riescono a ricomporre il senso dell’appartenenza geografica come marcatura del codice espressivo.
L’esposizione palermitana rappresenta una sorta di viaggio nella cultura dell’isola, un modo per presentare la “nuova” Cuba al mondo e veicolare con l’arte l’immaginario collettivo dell’ isola.
Secondo Diego Sileo,curatore della mostra insieme con Giacomo Zaza, l’immaginario che viene fuori dagli artisti è stranamente e paradossalmente contemporaneo. I cubani infatti non vivono più isolati dal mondo come spesso siamo portati a credere, soprattutto gli artisti. Viaggiano spesso per lavoro e hanno quindi modo di entrare in contatto con tutti gli aspetti più contemporanei del panorama artistico internazionale: mostre, musei, biennali. Oggi gli artisti cubani sono davvero presenti in molti dei più rinomati ed influenti appuntamenti d’arte nel mondo. Non solo, in questi ultimi anni Cuba è diventata anche un importante crocevia di molti artisti stranieri, curatori e direttori di musei e quindi lo scambio culturale è estremamente attuale e molto vivace. Rimane il problema economico legato a molte strutture contemporanee, la tecnologia più sofisticata e all’avanguardia è spesso proibitiva per molti di loro, ma – come si intuisce dalle opere in mostra – alla fine una soluzione o un’alternativa gli artisti cubani la trovano sempre.
Cuba indubbiamente è il paese dell’America Latina che più di ogni altro ha influenzato la storia politico-economica del XX secolo e a tutt’oggi ne sta muovendo i fili con sapiente e inaspettata lucidità, ha perseverato con diabolica ostinazione in un’ideologia e in un credo anacronistici, anche quando questi hanno decretato il fallimento di paesi politicamente affini a Cuba, proprio come l’Unione Sovietica. Tutti noi ci stiamo domandando come cambierà un’isola che si sta scontrando per la prima volta con la nostra realtà. Ha viaggiato molto in diversi paesi dell’America Latina,Diego Sileo, ma le difficoltà che ha incontrato a Cuba non le ha vissute altrove: la difficoltà di adattarsi ad un contesto che non esiste più, che non può esistere più, fatto di regole e compromessi che non hanno più ragione d’essere. Le contraddizioni sono quasi una prerogativa dei paesi latini (ricchezza/povertà, disperazione/vivacità, miseria/spensieratezza, tristezza/allegria, delinquenza/turismo, etc), ma Cuba ti trascina in un disarmante status di assurdità illogiche assai difficili anche solo da provare a comprendere. Non c’è più nulla di mitico a Cuba, bensì qualcosa di masochisticamente affascinante ed eccitante che ti attrae quasi inconsapevolmente, come spesso succede nelle situazioni decadenti. E l’arte contemporanea racconta tutto questo.
Ma cosa vuol dire “tatuare la storia di Cuba”? Significa lasciare un segno indelebile di identità condivisa, un segno che porta con sé gli stereotipi culturali, i bisogni primari, i radicamenti nell’intimo e nel sociale, fisico e mentale. Non il tattoo come lo concepiscono gli europei, ma piuttosto quello tipico della cultura latina: il disegno sul corpo come segno di appartenenza, un
marchio dotato di una valenza che oltrepassa l’estetica. Il termine tatuaggio,ci dice Giulia Ingarao coordinatrice progettuale della mostra, rimanda anche all’immagine del corpo e alla corporeità, alle sue forme ma anche ai suoi umori: in mostra la presenza del corpo è molto forte sia attraverso le azioni dei performer, per i quali il corpo costituisce il principale mezzo espressivo, sia come soggetto da fotografare, riprendere e disegnare.
La mostra “Cuba. Tatuare la storia”, parte da un omaggio ad Ana Mendieta simbolo della lotta al regime castrista e, attraverso una vasta selezione di opere e installazioni di artisti attivi dalla metà degli anni settanta in poi, traccia un percorso che lega presenze più storicizzate con le ricerche delle ultime generazioni (artisti nati negli anni ottanta e novanta). Una narrazione articolata che si snoda attraverso la relazione con la propria terra, messa a fuoco da esperienze soggettive e riflessioni di carattere sociologico o etnografico.
Un evento che accompagnerà i visitatori oltre i confini mentali dell’idea di Cuba,un’isola che i propri confini li sta combattendo tentando di superarli aprendosi al mondo sotto una nuova luce. “Tatuarsi Cuba” significa condividerne l’identità attraverso l’arte che si conferma grande ponte fra le culture, capace di andare oltre qualsiasi barriera e frontiera.
R.Z.