“Come quando l’olio penetra piano piano in un ingranaggio cigolante, sentivo che i miei movimenti si facevano sempre più fluidi…La febbre mi aveva purificato. Aveva buttato fuori la ruggine che si era formata negli anni e mi sentivo completamente rigenerata”.
La metafora, tratta dall’ultimo romanzo della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto (raccolta “Canguri” edita da Feltrinelli, 175 pagine; euro 12,00), descrive efficacemente l’inizio di una nuova fase nella vita poco ordinata di Kimiko, la protagonista della storia.
Kimiko, giovane scrittrice di romanzi d’amore, indipendente e senza legami duraturi, veste perfettamente i panni della classica eroina delle opere di Banana: sfida la solitudine per muoversi in un mondo fatto di città enormi e pulsanti come Tokyo, in cui è ambientata gran parte della vicenda. E’ una ragazza fragile, ma mossa, allo stesso tempo, da un istinto sicuro che le permette di affrontare le sfide che la vita le propone, come l’inaspettata gravidanza che la protagonista accetta con estrema tenerezza
Una sera Kimiko esce con Goro, un ragazzo poco più giovane di lei. Goro incarna il nuovo modello di uomo, ereditato dalla tradizione dello “shojo manga” (“il manga per ragazze”): è dolce, sensibile e privo di aggressività, sostanzialmente un uomo in cui sono assenti le convenzionali caratteristiche virili.
Dopo aver trascorso la serata all’acquario di Tokyo davanti alla vasca dei delfini, Kimiko fa l’amore con Goro, ma, nonostante l’affinità e la complicità scoppiata tra i due (“…i nostri colori si sposavano a meraviglia, era come se stessimo eseguendo un’incantevole melodia…”), intuisce immediatamente che la loro storia non può avere alcun futuro, in quanto Goro è già impegnato con un’altra donna da tanto tempo.
Temendo di potersi innamorare del ragazzo e, soprattutto, di poter soffrire a causa sua, la giovane scrittrice decide di abbandonare la città e rifugiarsi in un luogo sicuro: un tempio vicino al mare, lontano dal caos e dalla moltitudine di persone che affollano le grandi metropoli. Il tempio era in realtà una sorta di asilo per donne che avevano alle spalle delle esperienze drammatiche.
Tra le ospiti del tempio c’è Mami, una ragazza con poteri soprannaturali capace di vedere al di là delle persone e delle cose. Proprio da lei, Kimiko viene a sapere di essere rimasta incinta la notte che passò con Goro, e di essere in attesa di una bimba.
Nonostante del tutto inaspettata, Kimiko accetta la sua nuova condizione senza indugio, dimostrando una notevole maturità (“…Non avevo mai desiderato rimanere incinta, ma un numero incredibile di coincidenze, insieme al corso degli eventi ineluttabili, mi aveva portata sulla strada della gravidanza…”).
Tutta la gravidanza di Kimiko è scandita da un sogno ricorrente popolato da delfini che nuotano e saltano nell’acqua blu in un mix di colori che uniti al rosa, al rosso, all’arancio e al bianco dei coralli, creavano delle tonalità curiose.
Non sono solo i delfini i protagonisti dei sogni che accompagnano la gravidanza di Kimiko, ma anche sua madre e il suo gatto Shiro, entrambi morti anni prima. I delfini in Giappone svolgono il ruolo che nella cultura occidentale è proprio delle cicogne. Il delfino è sempre stato associato al rinnovamento e alla conservazione della vita, simbolo di prosperità, caro alle divinità, tanto da essere considerato un sacrilegio la sua uccisione.
La vita e la morte si alternano nel sogno, e in tutto il romanzo, come in un’altalena dando un senso estremamente profondo allo stato psico-fisico della protagonista.
La vicenda si chiude con la nascita della piccola Akane, che in giapponese significa “rosa di sabbia”, “rosa scuro” e si utilizza per descrivere il colore rosso del cielo all’alba o al tramonto. La venuta al mondo di Akane segna per tutti i personaggi del romanzo “l’alba di un nuovo giorno”: questi, vissuti sino ad allora in universi differenti e lontani, finalmente si incontrano e si incrociano.
Come in tutti i romanzi della scrittrice giapponese, emerge la sua capacità di trattare il tema della famiglia con particolare tenerezza, mediante un linguaggio disinvolto e, talvolta, irriverente.
Delfini apre una nuova area di esperienza emozionale nel mondo di Banana Yoshimoto trattando delle tematiche estremamente intime, grazie all’elemento soprannaturale, con una delicatezza e una serenità che allontanano il sospetto di una possibile tragedia.
Ancora una volta il lettore si troverà davanti a sé il quadro di un Giappone molto lontano dagli schemi e dall’immaginario comune: è una società, quella dipinta da Banana, in cui le persone conservano la propria indipendenza (come Kimiko che decide di tenere il bambino e di non sposare Goro), rifiutano i matrimoni combinati o riparatori scegliendo forme di convivenza alternative. Cercano, insomma, di scavarsi un rifugio in cui poter vivere in conformità ai propri valori personali, senza doversi uniformare al modello sociale prevalente.
Cinzia Murgia