Venerdì 22 aprile, presso il Palazzo Buonaccorsi di Macerata, è stata inaugurata la mostra Metafisica del paesaggio, promossa e organizzata dall’Ordine degli Architetti, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Macerata, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Macerata. La rassegna, allestita dall’Architetto Sauro Pennesi, Vicepresidente dell’Ordine, comprende 55 opere, fra dipinti, incisioni, fotografie e sculture di nove valenti artisti che in vario modo hanno indagato il non sempre facile rapporto fra il paesaggio marchigiano e l’intervento che l’uomo ha esercitato su esso. Il catalogo si avvale di un saggio critico e di schede dei singoli artisti che sono stati redatti da Roberto Cresti, docente di storia dell’arte contemporanea dell’Ateneo maceratese, il quale ha anche dato il titolo all’evento.
All’inizio del percorso espositivo il cortile di Palazzo Buonaccorsi ospita un gruppo di stele in terracotta realizzate dallo scultore campano Francesco Roviello (Casagiove, 1956), oggi attivo tra Firenze e Sambucheto (MC). Al centro della ricerca di Roviello è il legame con la Madre Terra, un legame tanto profondo da dare l’impressione che le sue opere siano radicate al suolo e sorgano spontaneamente da esso. È del resto proprio a questo livello intermedio, fra la superficie terrestre e la volta celeste, che l’umanità vive ed è chiamata a costruire senza distruggere il preesistente equilibrio naturale. All’interno del Palazzo, nell’ala riservata alle mostre temporanee, uno spazio proemiale è dedicato ai dipinti di Ubaldo Bartolini (Montappone, 1944) ove il paesaggio si presenta come uno spazio sospeso ai limiti della realtà e sconvolto da un’improvvisa esplosione di luce, forse premessa di una ineluttabile apocalisse. Mentre, nella sala successiva, si incontrano subito le incisioni di Giuseppe Mainini (Macerata, 1898 – 1981), in cui natura e civiltà paiono integrarsi a vicenda fino a fondersi in una cosa sola. Vengono quindi le opere di Riccardo Piccardoni (Urbino, 1944), che spesso dipinge il contrasto fra tecnica e paesaggio, inquadrando sfondi di montagne fra invalicabili mura di cemento dal fortissimo effetto straniante. Altrettanto divergenti si presentano le letture del territorio proposte dal fotografo Renato Gatta (Faenza, 1944) e dal pittore Carlo Iacomucci (Urbino, 1944). Infatti, se il carattere pittorico delle fotografie di Gatta ci permette di riscoprire, con magistrale finezza, il lirismo, mai del tutto svanito, dei luoghi, Iacomucci, attraverso un leggiadro processo di astrazione, evidenzia lo scarto fra ieri e oggi, mitizzando i propri ricordi d’infanzia mentre nuove forme più prosaiche si impongono nella vista di tutti i giorni. Nell’ultima sezione sono esposte infine le opere di Sandro Polzinetti (Macerata, 1931), Arnoldo Ciarrocchi (Civitanova Marche, 1916 – 2004) e Paolo Gubinelli (Matelica, 1945). Negli scatti di Polzinetti, la maestosa verticalità dei Monti Sibillini, ricoperti da un soffice manto di neve e incoronati dal silenzio, sembra invitare lo spettatore a prendere coscienza del ruolo fondamentale dell’uomo in quanto anello intermedio nell’Unità bio-cosmico-energetica dell’esistenza, Tiān – Rén – Dì (cielo – uomo – terra). Nei dipinti di Ciarrocchi è invece il paesaggio a parlare di sé, e a svelarsi per mezzo di forme e colori fedeli alla sua intima essenza piuttosto che in quelli percepiti dagli occhi. Mentre in Gubinelli il dialogo fra uomo e ambiente raggiunge il massimo della immediatezza. L’incontro fra acquerelli e graffi, ci riporta a una pittura segnica e gestuale, e suggerisce un rapido e istintivo susseguirsi di botte e risposte che, senza negare la durezza dei contrasti, ammette la possibilità di serene riconciliazioni fra l’elemento naturale e quello artificiale.
L’esperienza diretta ha guidato ciascuno degli artisti verso l’elaborazione di un’idea del paesaggio della provincia maceratese e con essa della coscienza di appartenervi in modi differenti, ma che hanno in comune il desiderio di approfondire e rinforzare il senso più significativo dell’ ‘abitare’. A tale proposito, scrive Roberto Cresti: «È dunque indispensabile un nesso fra il ‘luogo’ e il ‘tempo vissuto’, che orienti il ‘costruire’ secondo una specifica coscienza territoriale. L’invito è a non essere ‘costruiti’, bensì ‘abitati’ dall’uomo che si vuol costruire».
Box informazioni:
Metafisica del paesaggio
(22 aprile – 22 maggio 2016)
Sala arte contemporanea Palazzo Buonaccorsi
Via Don Minzoni 24, 62100, Macerata
Mar – Dom 10 – 18
Lunedì chiuso (eccetto lunedì 25 aprile)