“Nessun tipo di bellezza può essere attraente senza essere interessante”, parola di Christian Dior. A Granville (Normandia) dove nel 1905 nacque Dior, dal 3 maggio al 21 settembre nei saloni del Museo che porta il suo nome sono esposte 200 fotografie che ne raccontano l’arte e la vita. Gli scatti sono firmati dai più grandi fotografi del ‘900: Clifford Coffin, Irving Penn, Cecil Beaton, Helmut Newton, Patrick Demarcelier, Terry Richardson, Bruce Weber e molti altri. Grandi nomi della fotografia che hanno immortalato gli abiti e il lavoro di uno degli stilisti più importanti della storia della moda, segnando un sodalizio imprescindibile quale è quello tra la macchina fotografica e il mondo degli abiti. Già Roland Barthes sosteneva che il giornalismo di moda si alimenta soprattutto di immagini, poiché nella moda il significato e il significante coincidono perfettamente. In maniera più semplice si può dire che il racconto di un abito non può prescindere dalla sua rappresentazione per immagini. Circa sessanta sono le fotografie dedicate ai vestiti della Haute Couture di Dior, alcuni dei quali indossati da testimonial – diremmo oggi – del calibro di un’attrice come Marlene Dietrich. Ci sono anche gli scatti della fotografa americana Pat English che partecipò alla prima collezione di Dior, il 12 febbraio del 1947, al numero 30 di avenue Montaigne. Quel giorno nacque il New Look di Dior che inaugurava la stagione di opulenza alle porte dopo le devastazioni della Seconda guerra mondiale. Nella fotografia di moda dell’universo di Dior il precetto secondo il quale bello significa interessante non viene mai smentito. Anche nelle foto degli anni Cinquanta – il grande maestro morirà purtroppo nel 1957 – l’opzione è quella di un estetismo intrigante, misterioso, inafferrabile. Le ambientazioni delle foto sono inoltre molto interessanti poiché sia che si tratti di interni sia di esterni comunicano l’idea di una femminilità per l’appunto interessante, mondana, da scoprire. L’immagine veicolata è quella di una donna di classe che di lì a poco diventerà soggetto di un profondo cambiamento culturale. Sia che beva una coppa di champagne sia che si aggiri all’alba per le strade di Parigi popolate di netturbini al lavoro la donna Dior ne sa di più di chi la osserva. La Ville Lumiere è naturalmente lo scenario urbano preferito dallo stilista, che ne amava i bistrot, i tetti, le strade ed in particolare una, quella avenue Montagne che fu il suo quartier generale. Da questa imperdibile esibizione è nato anche un catalogo edito in Italia da Rizzoli e intitolato Images de légend. Les grands photographes et Dior, che riprende le fotografie della mostra francese, ripercorrendo un pezzo fondamentale di storia della fotografia e della moda.
Pasquale Musella