Tanti libri insegnano qualcosa e restano in noi magari solo dei pensieri, delle immagini, ricordi che sedimentano e ci aiutano nel percorso di crescita.
Un libro però, complesso, a tratti difficile per me, è stato utile a maturare il desiderio di scrivere e di immaginare un futuro da reporter. Lo stesso libro che mi ha fatto riflettere sull’attuale interpretazione del viaggio da molta parte dei “vacanzieri”.
Oggi tante persone viaggiano cercando però di trovare anche nelle destinazioni più rare il proprio quotidiano, e non cercano di imparare da popoli e posti diversi la differenza che rende tutti gli uomini unici e risultato degli usi e dei costumi che la storia ha determinato.
Forse la superficialità con cui l’uomo moderno viaggia si riflette nel turismo di massa chiuso in villaggi vacanza identici in Italia, in Cina o in Egitto togliendo il gusto della scoperta ed il significato profondo della conoscenza reciproca.
Il libro “In viaggio con Erotodo” fu scritto da Ryszard Kapuscinski, durante il periodo della c.d. Guerra Fredda in cui l’Europa dell’est era completamente separata dal resto del mondo.
È il 1956 e Kapuscinsky è un giovane reporter polacco con un grande desiderio, quello di varcare un confine, non un confine importante, ma un confine qualsiasi, per attraversare quelle linee reali quanto immaginarie che dividono i popoli. Viene accontentato dalla sua caporedattrice allo Sztandar Mlodych che lo manda in India affinché con i suoi reportage favorisca i legami fra i due paesi. Prima di partire gli regala una copia delle Storie di Erodoto, storico greco del quarto secolo avanti Cristo, un libro tanto difficile da trovare nel suo paese.
Le Storie di Erodoto sono destinate a trasformarsi per l’autore in un autentico punto di riferimento, dove cercare tregua dagli avvenimenti del mondo e risposta agli interrogativi che la curiosità incalzante gli pone di fronte: dove ha inizio la storia? Perchè gli uomini si combattono tra loro?
Il desiderio quindi di varcare il confine e viaggiare come reporter assume un valore ancora più significativo. Il viaggio come conoscenza del mondo, il viaggio come percorso nella propria coscienza.
L’incontro con Erodoto, narratore dell’antichità, è illuminante e consegna nei suoi occhi e nei suoi scritti un modo diverso di guardare la realtà.
“Abbiamo viaggiato insieme per anni. Benché sia preferibile viaggiare da soli, penso che non ci siamo disturbati a vicenda: oltre ai 2500 anni di distanza, tra noi si frapponeva anche la soggezione che provavo nei suoi confronti. Per quanto Erodoto trattasse tutti in modo cortese e alla mano, per me era sempre un gigante.”
Le domande profonde del vero viaggiatore sui motivi che spingano l’uomo a conoscere posti e gente diversa non hanno risposta nel solo desiderio di avventura, ma il desiderio di vivere profondamente la vita.
Come Erodoto nomade infaticabile dell’antichità, così Kapuchinsky afferma che il viaggiatore non è preoccupato dal futuro, che sarà soltanto un nuovo presente, ma che non si perda la memoria del passato. Per questo è importante testimoniare la propria presenza e ciò di cui si è stati parte.
Federico Mattia Ricci