Iran: sfida al velo

ZMy Stealthy Freedom”, ovvero “la mia libertà nascosta”: questo lo slogan/hashtag delle donne iraniane lanciato dalla giornalista e scrittrice Masih Alinejad, che dall’Inghilterra, dove vive in esilio, ha esortato, con grande successo, le sue connazionali a non sottostare agli ordini del regime di Teheran relativamente all’hijab, cioè il velo. Alinejad ha chiesto alle donne del suo paese di farsi una foto senza velo e pubblicarla sulla pagina Facebook dell’iniziativa: in pochi giorni, il profilo ha ricevuto oltre 283mila «mi piace» e centinaia di fotografie di donne di tutte le età, al chiuso e all’aperto, sole o insieme ad amici. “Quando ero in Iran – ha spiegato Masih – toglievo sempre il velo quando potevo, per vivermi i miei momenti di libertà: mi sono chiesta, quante donne faranno come me?”. Alinejad ha raccontato al Guardian di essere stata inondata di messaggi e fotografie da quando ha lanciato l’iniziativa. “Quasi non ho dormito negli ultimi tre giorni a causa del numero di fotografie e messaggi che ho ricevuto – ha dichiarato – la televisione di Stato iraniana mostra solo un aspetto della società, solo le persone con il velo. Non dedica spazio alle persone che hanno una voce diversa, che hanno uno stile diverso”. La giornalista ha spiegato che il suo obiettivo è quello di “dare voce a migliaia e migliaia di donne iraniane che pensano di non aver alcuna piattaforma su cui poter esprimere la propria opinione”, ma ha specificato di non essere contraria al velo, perché ciò che conta è arrivare a “vivere in un paese dove sia io, che non indosso il velo, sia mia sorella, che lo indossa, possiamo vivere l’una accanto all’altra”. In base all’articolo 638 del codice penale iraniano ratificato nel 1996, le donne che compaiono in pubblico “senza indossare una copertura religiosamente accettabile” sono punibili con una pena detentiva compresa fra 10 giorni e due mesi, oppure con una multa. Come scrive la giornalista italo iraniana Farian Sabahi sul suo libro “Storia dell’Iran”: “Nel 1979, in occasione della rivoluzione, le donne scesero in piazza e contribuirono all’ascesa dell’ayatollah Khomeini. I mass media occidentali diedero però un’immagine distorta degli eventi (…) i giornalisti ebbero l’ordine di riprendere soltanto le donne che manifestavano per le vie di Teheran avvolte nei ciador neri, anche se in realtà rappresentavano solo un’esigua minoranza. Una volta al potere, i religiosi non poterono arginare il ruolo femminile nella società iraniana. Il loro unico successo fu quello di indispettire le donne della classe medio urbana, obbligandole a indossare il velo. Per quelle di ceto sociale inferiore residenti nelle periferie e nelle aree rurali il problema non si poneva: il ciador lo avevano sempre portato”. Oggi l’Iran è un Paese in cui i giovani sono la maggioranza della popolazione e negli atenei più del 50% degli studenti sono donne, segno che la società iraniana è destinata a mantenersi in continuo fermento. Probabilmente la campagna “MyStealthyFreedom” è la prima vera sfida al velo islamico dal quel 1979. Per le donne iraniane che hanno abbracciato questa iniziativa la situazione è chiara: sì al velo, ma solo per chi ha voglia di indossarlo. Comunque vadano le cose, il solo fatto di averne messo in dubbio l’obbligatorietà rappresenta comunque un gesto altamente significativo. In Iran niente è scontato.

Silvia Di Pasquale

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares