La gatta sul tetto che scotta L’ipocrisia della vita

Al teatro Ambra Jovinelli di Roma è in programma in questi giorni La gatta sul tetto che scotta, capolavoro drammaturgico di Tennessee Williams, che gli valse la vittoria del premio Pulitzer nel 1955, bissando il trionfo di Un tram che si chiama Desiderio del 1948. A portare in scena questa nuova versione è la Compagnia degli Ipocriti – Fondazione Teatro della Pergola, per la regia di Arturo Cirillo. A vestire i panni di Brick e Maggie la gatta sono, oggi, Vinicio Marchionni e Vittoria Puccini, cui è spettato lo stimolante ma impegnativo compito di misurarsi con due giganti del passato, protagonisti dell’età argentea di Hollywood, Paul Newman ed Elizabeth Taylor, che furono i due protagonisti nell’adattamento cinematografico del 1958, con la regia di Richard Brooks e la straordinaria interpretazione di Burl Ives, nei panni di Big Daddy, il patriarca della famiglia Pollitt. Sono trascorsi sessantun anni dalla stesura originaria dell’opera, che è stata in seguito rimaneggiata da Elia Kazan, cui fu affidata la prima regia, e molte delle tematiche trattate hanno subito un mutamento, nel corso degli anni, agli occhi del pubblico, eppure la loro forza e capacità di coinvolgere non si sono attenuate. Il titolo trae spunto da una frase pronunciata da Maggie, soprannominata appunto la gatta, che afferma di voler restare aggrappata al tetto del suo matrimonio in sfacelo, che rappresenta per lei, nata povera, l’unica occasione di riscatto sociale. Di fronte a lei, all’interno della stanza da letto nella quale si consuma l’intera azione, il marito Brick, ex atleta ormai consumato dall’alcol, che ha imposto alla moglie un “matrimonio bianco”, senza rapporti intimi, disgustato da lei e da se stesso dopo la morte dell’amico Skipper, che lo amava in segreto di un amore proibito, forse corrisposto da Brick. Proprio Maggie e Skipper lo hanno tradito, facendo l’amore per sentirsi più vicini a lui e questo ha scavato un solco incolmabile nella coppia. A fare da sfondo al dramma amoroso dei protagonisti, è il compleanno del capofamiglia Big Daddy, che sta festeggiando per l’ultima volta perché malato di cancro, anche se non lo sa. A rendergli omaggio ci sono Gooper, il suo secondo figlio avido, che desidera solo impossessarsi dell’eredità dopo la morte del padre, e sua mogli Mae, che per raggiungere lo scopo gli ha dato cinque nipotini. E poi c’è Big Mama, che vive e impersona la bugia più grande, quella di una famiglia e di una vita felice. Tutta la vita di questa famiglia, il luogo più oscuro per Williams, ruota intorno alla menzogna e all’ipocrisia. Principalmente sono tre le bugie, quella riguardo gli affetti, nessuno dei personaggi ama incondizionatamente e senza uno scopo, la morte, che viene nascosta e negata e, soprattutto, la propria natura, indipendentemente dal fatto che Brick sia o no omosessuale. Questo genera contrasti, confusione e disgusto, che non vengono risolti nel finale, nel quale tutti preferiscono adattarsi alle bugie e vivere comodamente dentro di esse. Come nella vita.

 

111111Patrizio Pitzalis

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