Mancano pochi giorni alla chiusura della mostra di Luca Caimmi, basata principalmente sulla raffigurazione delle alterazioni mentali di Guy de Maupassant nel racconto Le Horla: infatti, ad aver dato vita all’evento in corso presso la galleria d’arte Nuages di Milano, sono state proprio le tavole che l’illustratore ha preparato per l’omonima edizione dello scritto maupassantiano, assieme ad altre ugualmente incentrate sulla rappresentazione di luoghi surreali ed apparizioni fantastiche.Nel racconto Le Horla, dopo un breve idillio iniziale, s’impone un progressivo delirio che s’impossessa gradualmente del protagonista di fronte all’inesorabile delinearsi delle manifestazioni dell’Inconoscibile; non a caso Maupassant, ancora giovane, trascorse i suoi ultimi giorni in uno ospedale psichiatrico, in balìa della sifilide: fu proprio durante la malattia che allucinazioni e paura della morte, unite ad un interesse sempre maggiore verso quelle entità che avvolgono i miseri esseri umani, iniziarono ad occupare con insistenza la sua mente.Il lavoro di Caimmi non risulta affatto scontato di fronte ad un immaginario dell’incubo così composito ed evocativo quale quello del grande scrittore francese; alla base delle sue illustrazioni vi è una percezione che definisce la realtà secondo coppie oppositive, quali il binomio visibile-invisibile ed il conflitto ombra-luce: la scelta di questa tecnica è un omaggio doveroso ai tanti artisti che l’hanno già intrapresa, da Gustave Doré fino a Lorenzo Mattotti.Le sue tavole, raffinate, originali e volutamente essenziali, descrivono con veemenza ed intensità gli eventi ed il loro manifestarsi metafisico, l’unione inquietante e seducente fra presenze aeree e consistenza terrena, la paurosa coesistenza e vicinanza fra la dimensione consueta e rassicurante del conosciuto e quella seducente ed oscura dell’Inconoscibile.Le immagini dell’illustratore trasmettono una sensazione di vago disagio poiché custodi di realtà poco nitide, intrappolate in un buio pesto che determina un’ansiogena assenza di dettaglio la quale, a sua volta, comporta un’ incapacità di fondo di sperimentare e conoscere.Per delineare vividi paesaggi illuminati dal solo chiarore lunare sono bastati il bianco, il nero, quasi come accade nei negativi fotografici, e talvolta alcune sfumature di grigio: in questi scenari suggestivi i raggi dell’astro sembrano generare lievi turbini di vento, segno ancestrale di presagi imminenti, pronti a palesarsi con l’apparire rapido di volatili notturni o di esseri avvolti da tendaggi; all’interno di questa cornice surreale si delinea la figura di un uomo inerme, alter-ego dello scrittore, rappresentato nel momento della fuga in un bosco fatto di alberi giganteschi.Di fronte a quanto descritto dalle tavole si ha l’impressione di divenire per un istante privilegiati custodi di un segreto sulla consistenza del reale che tuttavia non si svela, ma rimane taciuto, irraggiungibile, a causa della paura degli uomini di affrontare una realtà sconosciuta ed incerta; si finisce così per cercare unicamente ciò che si conosce e per percepire solo l’aspetto temibile, mostruoso di quella realtà nascosta che non si manifesta mai del tutto chiaramente. Pertanto, ciò che emerge, è essenzialmente il limite stesso della percezione umana, in perfetta corrispondenza col testo stesso di Maupassant: “Com’è profondo il mistero dell’Invisibile! Non possiamo sondarlo con i nostri sensi miserevoli, con i nostri occhi che non sanno scorgere né il troppo piccolo, né il troppo grande, né il troppo vicino, né il troppo lontano, né gli abitatori di una stella né quelli di una goccia d’acqua (…) Non è forse vero che vediamo solo la centomillesima parte di quello che esiste? (…) Ecco qua il vento, che è la più grande forza della natura, che fa cadere gli uomini, abbatte gli edifici, sradica gli alberi, solleva il mare in montagne d’acqua, distrugge le rocce e scaglia contro gli scogli i grandi bastimenti, il vento che uccide, che sibila, che geme, che muggisce, – l’avete mai visto, e potete vederlo? Tuttavia, esiste”.
Michela Graziosi