Dall’8 marzo al 2 luglio 2017, il Palazzo Reale di Milano ospita la mostra Manet e la Parigi moderna, a cura di Guy Cogeval, presidente del Musée d’Orsay e dell’Orangerie di Parigi, con la collaborazione di due conservatrici del museo parigino, Caroline Mathieu e Isolde Pludermacher. Promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, la rassegna propone una riflessione sul concetto di modernità nell’arte, intesa quale abilità di un artista di vivere ed esprimersi nel presente, volgendo un occhio al passato e tendendo una mano al futuro. Moderno è un artista capace di ispirare le generazioni successive, a sua volta ispirandosi al lavoro dei maestri che lo hanno preceduto, come ha fatto Édouard Manet (Parigi, 1832 – 1883), debitore della tradizione pittorica spagnola (Goya e Velázquez) e di quella italiana (Giorgione e Tiziano), non meno che punto di riferimento o, persino, “padre” per gli Impressionisti.
Rampollo di una ricca e influente famiglia parigina (il nonno materno, Joseph Fournier, era stato console in Svezia, mentre il padre, Auguste Manet, era un giudice), Édouard Manet ottenne faticosamente il permesso di studiare arte presso l’atelier di Thomas Couture, ma, insoddisfatto del suo stile convenzionale e accademico, lasciò il maestro sei anni dopo. Entrato all’Académie de Beaux Arts di Parigi, Manet fu allievo di Léon Bonnat e, pochi anni più tardi, grazie alla modella e pittrice Berthe Morisot (sua futura cognata), strinse amicizia con un folto gruppo di giovani letterati e artisti, tra cui Edgar Degas, Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley, Paul Cézanne e Camille Pissarro, e iniziò a dipingere en plein air. Altrettanto decisivi per la sua vicenda biografica e artistica furono i viaggi che egli compì attraverso l’Europa, in Germania, Italia, Spagna e Olanda, che gli permisero di ammirare le opere di grandi maestri del passato. Malato di sifilide, al termine di una straziante agonia sfociata nel coma, all’età di 51 anni, l’artista morì, lasciando più di 400 tele, due terzi delle quali, però, non sono altro che copie, schizzi o lavori incompiuti.
Le opere esposte, provenienti dal Musée d’Orsay di Parigi, sono un centinaio, fra dipinti (circa la metà), disegni, acquerelli, maquettes e sculture, e ricostruiscono l’evoluzione tematico-stilistica di Manet, in rapporto alla concomitante esperienza di molti altri protagonisti della scena culturale della Parigi fin de siècle, come Giovanni Boldini, Paul Cézanne, Edgar Degas, Henri Fantin-Latour, Paul Gauguin, Claude Monet, Berthe Morisot, Pierre-Auguste Renoir, Paul Signac, James Tissot. L’importante contributo di Manet allo sviluppo della pittura europea moderna emerge progressivamente, esplorando uno alla volta i diversi generi cui egli si dedicò: il ritratto, la natura morta, il paesaggio, la figura femminile e la città di Parigi. Di quest’ultima il pittore segue con coraggio e dedizione le rapidissime e spiazzanti metamorfosi, spostandosi da un prato al balcone di un teatro, dall’ingresso di un caffè alla camera da letto di una prostituta, con l’unico intento di cogliere la vita nella molteplicità delle sue manifestazioni quotidiane, pubbliche e private, e restituirla il più possibile così com’è, offrendo agli uomini del suo tempo, piuttosto che dipinti da contemplare, specchi in cui cercare le proprie immagini riflesse. Immagini che, proprio per questo, sono durate e dureranno a lungo, eterne nella loro transitorietà, “moderne” in un senso nuovo e ancora attuale.
Manet e la Parigi moderna
(8 marzo – 2 luglio 2017)
Palazzo Reale
Via del Duomo 12, Milano
Lunedì 14.30 – 19.30
Martedì, mercoledì, venerdì, domenica 9.30 – 19.30
Giovedì, sabato 9.30 – 22.30
www.palazzorealemilano.it
www.mondomostre.it
Giada Sbriccoli