Non sempre è la bellezza convenzionale a trionfare. Non sempre solo le modelle perfette possono essere protagoniste di un servizio fotografico. In India per esempio, sono alcune donne sfigurate dall’acido a diventare modelle per un fotografo. Chi ha deciso di restituire dignità, e perché no, anche il sorriso alle vittime di questo brutale reato, è Rahul Saharan, che lavora per “Stop Acid Attacks”, una campagna che si oppone alla violenza sulle donne. Posano per lui Rupa, Ritu, Lakshmi, Chanchal e Sonal, 5 coraggiose indiane che hanno deciso di lasciarsi fotografare, anche se il loro viso e il loro corpo è visibilmente sfigurato dai danni dell’acido che in passato i loro mariti o fidanzati hanno gettato su di loro senza pietà. Ogni anno nel Paese si registrano più di 1000 casi di donne colpite con acido solforico, ma questo è solo il numero ufficiale. Probabilmente ce ne sono molti altri non denunciati per paura di possibili ritorsioni. “Il nostro unico scopo è stato quello di cambiare la percezione della gente circa la bellezza e fare capire che queste donne sono belle, e lo sono anche tutte le altre donne che non sono ritenute abbastanza belle o poco belle”, ha spiegato Saharan. In molti hanno già supportato la causa del fotografo attraverso la sua pagina Facebook. Migliaia di utenti hanno condiviso le foto in questione. In principio è stata la designer indiana Rupa a lanciare il progetto Stop Acid Attack, creando una nuova linea di moda che ha come testimonial proprio le donne indiane sfigurate dall’acido. Sei anni fa, la stessa Rupa è stata vittima di questo tipo di violenza, che nel suo caso aveva una mandante particolare: la matrigna. Inizialmente si copriva sempre il volto, al fine di nascondere le cicatrici. Ora però non è più disposta a rinunciare alla libertà di poter mostrare in pubblico senza poter essere se stessara. Rupa si è poi sottoposta a ben undici operazioni e tre mesi di degenza ospedaliera. Un travaglio che meritava di vedere una luce, una speranza, che potrebbe concretizzarsi proprio in questo progetto. Come scrive Rossana Caviglioli su Io Donna: “Il numero sempre crescente di queste aggressioni ha spinto la Corte Suprema a chiedere al governo di regolamentare in modo rigido la vendita prodotti chimici nei negozi. Non è un caso che le vittime appartengano quasi sempre agli strati più poveri della popolazione: una bottiglia di acido solforico è un’arma micidiale, facilissima da trovare e molto a buon mercato. Di recente, una nuova legge ha innalzato le pene per chi si macchia di questo genere di reati, portandole fino a dieci anni di reclusione. La matrigna di Rupa è invece stata condannata a un anno e mezzo di prigione ed è già stata scarcerata”. L’Italia non è esente dal problema. Ricordiamo il caso eclatante dell’avvocatessa Lucia Annibali, sfigurata dal fidanzato con l’acido e oggi simbolo della lotta contro la violenza sulle donne.
Silvia Di Pasquale