Che cosa mangiavano i cittadini dell’Impero Romano? Com’erano organizzati gli approvvigionamenti nella metropoli più grande dell’antichità? Sono queste e molte altre le domande a cui “Nutrire l’Impero. Storie di alimentazione da Roma e Pompei” prova a rispondere: una mostra a cavallo tra archeologia e alimentazione, in programma al Museo dell’Ara Pacis dal 2 luglio al 15 novembre 2015. Curata dal Soprintendente capitolino ai beni culturali, Claudio Parisi Presicce, e da Orietta Rossini, l’esposizione tenta di avvicinare lo spettatore agli usi e costumi dei nostri antenati più celebri e di fargli “assaporare” i sapori del tempo, grazie a reperti provenienti da Ercolano e Pompei e a ricostruzioni multimediali.
Grandi consumatori di cereali, formaggi e legumi, i cittadini dell’Impero Romano apprezzavano anche pesce, crostacei, una straordinaria varietà di volatili, oltre che bovini, suini e cacciagione. Colpisce la grande varietà di alimenti e ricette, consumati anche dalla classe meno abbiente, e la straordinaria somiglianza tra gli utensili da cucina di allora, spesso in bronzo o in vetro, con i nostri equivalenti in plastica o alluminio.
Un percorso nella storia della dieta mediterranea, che si avvale del supporto di “Roma verso Expo” e che è in grado di avvalorare uno dei temi fondamentali dell’Esposizione Universale di Milano: il cibo italiano e la sua storia millenaria fatta di contaminazioni e materie prime eccellenti.
La Pax Romana fu in grado di sviluppare la prima forma di “Globalizzazione dei consumi” su scala europea e mediterranea. II vino migliore proveniva dalla Campania, il miele dalla Grecia, l’olio d’oliva dall’Andalusia e il grano dall’Egitto. La mostra cerca di far luce su alcuni temi poco conosciuti legati all’Impero Romano come i servizi logistici e i trasporti marittimi, straordinariamente avanzati e complessi per l’epoca. Esistevano, infatti, anfore specializzate nel trasporto di ogni tipo di pietanza, dall’olio al famoso garum, navi predisposte a servizi marittimi e fluviali e moderni sistemi portuali.Sfruttare le immense ricchezze del nostro patrimonio archeologico, è un altro obiettivo di “Nutrire l’Impero”: “Stiamo lavorando molto anche sul piano della fruizione perché i nostri reperti si possano vedere”. Le parole del soprintendente speciale del sito, Massimo Osanna, sono avvalorate da opere come la cassaforte in bronzo della Villa B di Oplontis, che trova posto dopo anni di deposito, e il prezioso corredo in argento (“Tesoro di Moregine”) ritrovato vicino al fiume Sarno durante gli anni ’90 e per la prima volta esposto al pubblico in Italia.In questo affresco storico e culinario non poteva mancare un riferimento alla “filosofia del banchetto”, il piacere del buon mangiare e il concetto latino di godimento della vita. Così Seneca descriveva Apicio, famoso per il ricettario “De re coquinaria” oltre che per i suoi banchetti sfarzosi ed esagerati: “Dopo aver speso per la cucina cento milioni di sesterzi, dopo aver dilapidato in gozzoviglie tanti regali dell’imperatore Tiberio, arrivò un momento in cui fu costretto a fare il bilancio dei suoi averi. Dai conteggi risultò che non gli erano rimasti che dieci milioni di sesterzi. E così, come se con il suo patrimonio residuo, si vedesse costretto a vivere nelle fame più nera, decise di porre fine alla propria vita con il veleno”.
Francesco Consiglio