Nel 50esimo anno della scomparsa di Ligabue, il sindaco Bergamini, insieme all’assessore al Turismo e alla Cultura, rendono omaggio al pittore svizzero per nascita ma reggiano d’adozione.
Attualmente la sala “Giove” è dedicata a Ligabue con due opere originali: un autoritratto di proprietà del Comune di Gualtieri, il “Gorilla nella foresta”, di una collezione privata, e numerose riproduzioni fotografiche di altrettanti dipinti del pittore vissuto a Gualtieri nonché sculture, lastre, incisioni, audiovisivi, fotografie e documenti che corredano il patrimonio dedicato all’artista.
Dalla critica viene considerato come uno dei capiscuola dei naif italiani, dal francese “ingenuo”. Con questo termine si intende un tipo di produzione artistica privo di legami con la realtà culturale ed accademica in cui è prodotta. Ligabue, creatore di immagini fantastiche e piene di fascino, definito selvaggio, folle, maledetto e solitario. La sua pazzia è solo il suo essere istintivo e autentico nella vita, come nel suo essere pittore. A livello internazionale viene riconosciuto come un rielaboratore geniale della tradizione ottocentesca unita, però, ad una cultura figurativa popolare.
Gualtieri è la città natale del padre del pittore che diviene il “teatro” della sua attività di artista, a partire dal 1919. Il progetto del museo documentario nacque nel 1978 con lo scopo di raccogliere documenti sul pittore, su Gualtieri, sulla sua storia e sulla civiltà padana, con particolare riferimento ai temi dell’emarginazione.
I dipinti esposti sono suddivisi in tre periodi nei quali si è soliti ripartire l’opera di Ligabue e coprono tutti i motivi della sua pittura: animali domestici e feroci, paesaggi svizzeri e padani, ritratti e autoritratti.
Nelle campagne di Gualtieri Ligabue evita le persone ma è affascinato dagli animali, spesso lo si vede rannicchiato su un ramo a fare il verso a qualche animale. La sera, a lume di candela, disegna i suoi animali tipici della campagna emiliana. Riempie la realtà della campagna con una giungla fantastica popolata da animali domestici e selvaggi. Gli stessi disegni un giorno vengono notati dallo scultore Renato Marino Mazzacurati che lo prende sotto la sua ala protettrice insegnandoli a dipingere ad olio e a padroneggiare il suo talento. L’incontro diede una svolta positiva alla sua vita sfortunata, fatta di disturbi mentali e di una vita isolata.
Nel 1932 è in grado di vivere con i proventi della sua arte, nel 1937 però viene nuovamente internato in un manicomio ma continua a dipingere. I medici dicono di lui: “..dipinge in modo primitivo, comincia dall’alto con pentimenti e correzioni, sino al margine inferiore..”
Anche quando fui raggiunto dalla notorietà rimase un personaggio inquietante, diverso e strano continuando a rappresentare il mondo intorno a sé in tinte fosche e misteriose.
Da dopo il ’48 la sua attività subisce un miglioramento, inizia a vincere premi e vendere quadri. Da sempre affascinato dal mondo della meccanica coltiva anche la sua passione per le moto.
Nel febbraio del 1961 la sua prima grande personale, presentata a Roma, segna il suo definitivo successo, la sua attività creativa conquistò molti scrittori, giornalisti e grandi critici come Anatole Jakovky che lo aiutò a ad essere conosciuto anche a livello internazionale. L’anno dopo viene colpito da una paresi ma nonostante questo continua a dipingere fino alla sua morte avvenuta il 27 maggio 1965.
La Regione crede in questa mostra per diversi motivi: perché si tratta di una mostra dedicata ad uno degli artisti più importanti del ‘900 che è giusto valorizzare e in più si svolgerà all’interno di un magnifico contesto che si affaccia in una delle piazze più belle d’Italia.
Anna Germano