Continuiamo con il solo accennare e quindi non elencare -si tratterrebbe di decine e decine di nomi e di immagini!- quanto di presenze ciociare questa volta nel Museo d’Orsay di Parigi. E una volta in questo sacrario dell’arte, si resta veramente stupiti ma allo stesso tempo sgomenti nel rendersi conto quanto evidente e manifesta è l’ignoranza che si continua ad avere della Ciociaria e di certe sue realtà di valore universale, e non solamente da parte del Museo. Eppure si tratta di alcuni dei soggetti più rappresentati e più illustrati dell’arte ottocentesca presenti nella gran parte delle istituzioni museali del pianeta. E quindi è a dir poco bizzarro continuare a connotarli con ‘italiani’ o ‘romani’ o ‘abbruzzesi’ o ‘napoletani’ o altro ancora. E voler tentare di andare alla fonte e alle origini di tale misconoscenza ci porterebbe in altri contesti che sarebbe sterile affrontare. E’ certo però che se questi due fenomeni artistici di primissimo valore nell’ambito della Storia dell’Arte e ingredienti primari in ogni collezione e galleria, ancora oggi sono oggetto di equivoco e di dubbio connotativo, è da imputare solamente e in massima parte, certamente non allo studioso che sulla propria pelle e coi propri modesti mezzi si sforza al contrario di ristabilire le corrette primogeniture e priorità: bensì alla Scuola, alla Università, alle pubbliche istituzioni nostrane anche private che sole sono dotate dei mezzi e degli uomini per operare le scelte e le selezioni e quindi promuovere e divulgare. Al contrario avviene che la modella di Gallinaro, presente in gran parte dei musei della terra, la si continua a connotare come genovese o romana e il pifferaro o zampognaro di Picinisco o di Vallegrande e il brigante di Sonnino come abbruzzese o calabrese o altro. Incapacità cronica e perfino masochistica a saper valorizzare e promuovere quanto, bisogna ammetterlo: immeritatamente, si possiede. Occasioni di valore che si continuano a perdere e a sciupare.
Nell’immenso Museo d’Orsay parigino sempre affollato a qualsiasi ora del giorno (lo visitano circa quattro milioni di visitatori paganti all’anno, più del doppio degli Uffizi, il più visitato in Italia) sono almeno cento le opere disseminate negli spazi che illustrano il personaggio in costume ciociaro o quelle per le quali hanno posato modelle e modelli ciociari: nessun soggetto al mondo è così rappresentato, perfino gli impressionisti! Certamente in questo Museo il quadro più celebre e famoso ovunque è il quadro di Van Gogh “L’Italienne” che illustra Agostina, una nota modella ciociara originaria dei Simbruini che posò per almeno trenta opere di Corot, per Manet, per altri artisti e per due opere di van Gogh tra cui appunto questa parigina in costume ciociaro in uno sfavillio di colori che anticipa di venti anni il fauvismo. L’artista realizzò il quadro durante il suo soggiorno a Parigi nel 1886. E qualche mese fa il Comune di Parigi ha apposto una targa commemorativa in un’arteria di Montmartre in onore e ricordo della modella.
In Ciociaria invece…
Nel Museo d’Orsay sono appese molte decine di opere ciociare dipinte da un cultore e appassionato artista francese Ernest Hébert che visse molti anni a Roma e dintorni, in particolare a Cervara di Roma, un paesino di poche anime annidato su un costolone dei Simbruini a più di mille metri di altitudine e a Cassino per sei mesi in due soggiorni, dove realizzò splendide opere con personaggi in costume della zona: quale appunto uno famoso pure presente: le ciociare di Sant’Angelo di Cassino che vendono il fieno. Uno dei suoi quadri più noti pure presente al Museo d’Orsay è “Le ragazze di Alvito” che illustra due ciociarelle che posarono per lui all’Accademia Medici a Roma di cui era direttore.
Altro quadro pieno di suggestione e altrettanto significativo è quello di un artista tedesco, Oswald Achenbach, anche lui appassionato sia dell’Italia e sia del personaggio in costume ciociaro, del quale ha dipinto non poche vedute ed opere. Qui ne è esposta una che illustra una processione a Genazzano, la cittadina, per ripetere le parole di Anton Giulio Bragaglia, anche ciociara, tra le ultime appendici romane, analogamente a Palestrina e a Velletri. E in una profusione di preti, monache, nobili, congreghe, chierichetti si evidenziano i ciociari e le ciociare nelle loro vestiture tipiche. Nel percorso museale ci si imbatte in particolare in un altro dipinto noto tra i cultori e cioè la “La ruota della fortuna” di Sir E.C.Burne-Jones che illustra il corpo perfetto di un modello caro agli artisti inglesi e cioè quello di Alessandro De Marco da Picinisco definito dai pittori dell’epoca “la personificazione vivente di una statua classica” talmente perfetto nel suo fisico. E poi tutto un reparto dedicato allo scultore Rodin del quale, come si sa, le modelle e i modelli prediletti e per tutta la vita, furono ciociari di Gallinaro e una di esse, dal destino inimmaginabile, di Cassino. Lungo il percorso si incontrano opere celeberrime, tutte in grandezza naturale, come ‘L’uomo che cammina’, ‘Il San Giovanni Battista’, l’inquietante ‘Balzac’ e il busto di ‘Pallade-Atena’ in realtà ritratto di Marianna da Cassino. Per chi ha piacere e interesse a conoscere più da vicino l’affascinante mondo dei modelli raccomando caldamente la lettura di “MODELLE E MODELLI CIOCIARI a Roma, Parigi e Londra 1800-1900”.
Naturalmente non è solo motivo di sgomento costatare che in Ciociaria tali realtà storiche ed artistiche -ed anche economiche!- del costume ciociaro e dei modelli sono ancora oggi, in gran parte, terra di nessuno o quasi.
Michele Santulli