Schifosi, una rilettura teatrale dell’opera politicamente scorretta di D. F. Wallace

 

Mai titolo fu più appropriato per questa rilettura teatrale tratta dall’opera omnia di David Foster Wallace, in scena al Teatro Nest (Napoli Est Teatro) lo scorso 29 marzo, nell’ambito della manifestazione Marzo Donna 2016, organizzata dall’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Napoli. Chi sono gli schifosi raccontati dall’abile regia di Rosario Sparno? Si tratta, in realtà, di un’intera famiglia composta di madre, padre, figlio, tutti interpretati – direttamente o indirettamente grazie all’artificio della voce registrata – dal bravissimo Luca Iervolino, unico attore in scena. Prima di suicidarsi, la madre ha cura di lasciare al figlio un bigliettino con su scritto: “Ti ho sempre odiato. Con amore, mamma.” D’altronde, anche il padre, anziano e moribondo, nutre un tale disprezzo nei suoi confronti da chiedere al prete, accorso al capezzale per l’ultima confessione, di continuare a detestare il figlio post mortem. Schifosi procede così, dicendo l’indicibile e facendoci assaporare un rancore declinato in tanti modi diversi: amorevole, per delega, per vendetta, tramandato di padre in figlio. All’amore è concesso soltanto lo spazio angusto della vasca da bagno dove giace il corpo della madre suicida. Tutti i protagonisti sono senza nome, definiti e definibili dal ruolo occupato nella famiglia, fatta eccezione per la nipote (la figlia del figlio) soprannominata ‘il pasticcino’. Sì perché questo figlio sciagurato procede bene nella vita, tant’è che lo ritroviamo adulto con un buon lavoro, una bella casa, una moglie e una figlia. Insomma, una vita perfetta che viene criticata soltanto dal padre morente che dice di sé di essere stato l’unico a non farsi “infinocchiare” dalla sua natura subdola. È naturale che lo spettatore simpatizzi con il vituperato figlio, tanto più che lui si mostra come un padre amorevole, dedito a preparare la colazione per la figlia sedicenne (il pasticcino) con la quale affronta temi scomodi come l’olocausto, la violenza, lo stupro. Rapidamente la conversazione raggiunge l’apoteosi del “politicamente scorretto”, poiché la violenza viene giustificata come un’esperienza formativa. Accade poi che l’uomo riveli le sue verità indicibili e indecenti alla moglie dalla quale vuole separarsi. Con l’ausilio delle incursioni sonore di Massimo Cordovani e grazie al gioco di luci di Riccardo Cominotto, l’atto della confessione diventa l’acme di tante verità nascoste e finalmente svelate in un’atmosfera sempre più fosca. È l’anima nera a prendere la parola lasciando tutti senza parole. Come nella Poetica di Aristotele, la fine del racconto suscita la catarsi dello spettatore (ma non del protagonista) turbato dalla familiarità e dalla prossimità del male che stride, tra l’altro, col bell’aspetto di Luca Iervolino. Schifosi ricorda Miss Violence (2013) del greco Alexandros Avranas e Mustang (2015) del turco Deniz Gamze Ergüven, due film recenti che affrontano, come questo spettacolo da rivedere, il tema della violenza familiare senza ipocrisie, con la stessa crudeltà con cui quella violenza si esprime.

 

Pasquale Musellaschifosi-nest (1)

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