Donne, creature forti, imponenti, indispensabili. È sempre una sorpresa, un emozione particolare, sentire il racconto di una storia che ha come protagoniste queste creature ancestrali. Gli uomini (intesi come maschi) sono i protagonisti di gesta e azioni, le donne sono il tessuto di cui è fatto l’universo, sono antiche, venerabili, iconiche. Quando poi è una donna a raccontare la vita di altre donne bisogna sempre aspettarsi una vicenda totale, tragica e magnifica, eclatante e intima. Non fa eccezione il romanzo di Fereshteh Sari, una della maggiori scrittrici iraniane, autrice di diversi romanzi, raccolte di racconti e poesie, con i quali ha vinto numerosi e prestigiosi premi, in patria e all’estero. È lei, tra le altre cose, a tradurre per gli appassionati del suo Paese, le canzoni di Lucio Dalla. Il suo ultimo lavoro, Sole a Tehran, pubblicato da Editpress, è tradotto come consuetudine da Anna Vanzan, la prima a portare in Italia la letteratura femminile iraniana. La vicenda si volge in un arco di tempo che va dal 1979 al 2009 e segue da vicino la vita di alcune donne, che frequentano l’Università di Tehran quando scoppia la Rivoluzione islamica alla fine degli anni ’70. I personaggi appartengono alla classe medio alta e due di loro, Setareh e Nilufar, sono le narratrici della vicenda. La prima è un’agguerrita militante del gruppo oltranzista Fedain-e Khalq ed è protagonista della prima parte del romanzo. Durante una manifestazione, si innamora di un giovane, appartenente al Tudeh, il partito comunista iraniano. La loro storia d’amore si dipana sullo sfondo dei cambiamenti sociali che seguirono la fine della Rivoluzione, con lo scioglimento di entrambi i gruppi e la svolta teocratica. Una parte della storia di Setareh, si intreccia con quella della sua compagna di Università, Nilufar, figlia di uno dei collaboratori più stretti dello scià, ucciso dal nuovo regime. In seguito, Nilufar perde anche la madre e al cimitero incontra Vafa, di cui si innamora e del quale rimane incinta. Il giovane, senza sapere della gravidanza, la lascia perché costretto a sposare una cugina. Più tardi, Nilufar incontra la sorella di Vafa, Roia, alla quale però non confessa l’amore per il fratello né ammette che sua figlia, Aftab, è anche figlia di Vafa. Con un salto temporale piuttosto ardito, si giunge agli anni 2000, in cu entrambe le protagoniste hanno i figli all’Università e le loro vicende rispecchiano i problemi della nuova generazione iraniana. Il romanzo si conclude nel 2009, nei giorni immediatamente precedenti alla controversa tornata elettorale di quell’anno. La cosa che maggiormente colpisce è la capacità dell’autrice di coniugare la narrazione documentaristica, indispensabile alla resa perfetta di quei tumultuosi anni, e l’estetica letteraria, necessaria alla fruibilità del testo. Il romanzo è stato scritto dalla Sari per i propri connazionali, quelli che hanno l’età delle protagoniste e che hanno vissuto la prima fase della Rivoluzione e quelli della nuova generazione, ai quali queste opere sono indispensabili per conoscere il passato. Ironia della sorte, il romanzo è ancora inedito in Iran. Tutte le angosciose vicende, che hanno coinvolto l’Iran negli ultimi 35 anni, tra cui la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, sono lo strumento utilizzato dall’autrice per raccontare con un sostrato di cruda realtà i sentimenti delle protagoniste. L’entusiasmo giovanile, la delusione e infine la sconfitta dei giovani militanti di sinistra, che furono derubati del loro futuro e dei loro sogni dalla svolta che prese la Rivoluzione stessa. Gli eventi sono lo scenario perfetto, nel quale si muovono queste passioni viscerali sfruttando i vantaggi che solo la letteratura può concedere. Le donne della Sari non rappresentano il consueto omaggio alla letteratura neocolonialista, che sempre più spesso racconta la vita difficile delle donne arabe, oppresse dal patriarcato e dalle violenze. L’intento dell’autrice è quello di raccontare le vicende di alcune sue coetanee, che come lei hanno combattuto e militato e sono, ancora oggi, protagoniste di quella Rivoluzione islamica tuttora in atto. Proprio per questo la scrittrice non lesina una feroce ironia (e,forse, autoironia) nei confronti degli stessi rivoluzionari, descrivendo con occhio distaccato le inutili e interminabili riunioni, alle quali lei stessa partecipò, che di fatto ebbero il solo risultato di spaccare la compagine studentesca e consegnare il futuro del Paese agli oltranzisti religiosi. Le storie d’amore, che sono il vero centro del romanzo, discendono direttamente dalle vicissitudini storico-politiche che hanno travolto l’Iran e all’interno di esse sono incastonate. Ma l’opera ha anche un’altra funzione, quella di celebrare la forza di un popolo che si è sempre adattato ad ogni situazione e nei secoli ha resistito ad ogni spinta disgregante, facendo di necessità virtù. Da sempre la letteratura persiana è un felice e meraviglioso compromesso tra poesia ed impegno civile e il romanzo della Sari ne è l’ultimo esempio. Difficile è analizzare la lingua di un’opera proposta in traduzione, ma il romanzo scorre via entusiasmante e profondamente “empatico”. Un capolavoro intimo, che rappresenta una piccola gemma di spirito e bellezza.
Patrizio Pitzalis