Molto più che un semplice documentario, “The dark side of the sun” è un ottimo esempio di cinema-verità che riflette con obiettività sulla realtà, quella dura e cruda, la cui presa di coscienza, alle volte, fa male. Eppure esiste, eppure è variegata ed ingombrante questa realtà che viviamo, nonostante molti sembrino dimenticare o non pensare al fatto che la fortuna conta eccome, nella vita, in quanto ci sono al mondo individui più sfortunati degli altri.Il tema del film è quello struggente e difficile della malattia, in una sua rara manifestazione: si tratta della Xeroderma Pigmentosum, che rende, chi ne è affetto, allergici fin da piccoli alla luce del sole e a molti raggi UV contenuti nelle luci artificiali; gli individui colpiti da questa malattia sono infatti costretti all’isolamento, condannati ad una vita non facile.Il regista Carlo Shalom Hintermann affronta magistralmente questo tema facendo ciò che è necessario per raccontare a pieno un mondo che non ci appartiene, ossia assumendo un nuovo punto di vista. Il film, ambientato negli USA e realizzato in lingua inglese, si basa infatti sull’esperienza di un campo estivo, il Camp Sundown, fondato dai genitori di una ragazza affetta dalla malattia in questione: qui altri giovani, nella medesima condizione, conducono in condivisione una vita al contrario, ovvero notturna, regolata chiaramente dai nostri stessi bisogni, in una prospettiva di aggregazione con i genitori ed i parenti.Due sono sostanzialmente i grandi meriti del lavoro svolto dal regista e dalla sua intera troupe: la scelta, per l’appunto, della prospettiva adeguata e la mancanza di pietismo.Assumere un punto di vista differente, come già detto, non è semplice: bisogna essere in grado di farlo, anzitutto, e bene. Ed in questo caso il compito è stato svolto egregiamente: è stata scelta la prospettiva di chi, con naturalezza, spontaneità ed innocenza, vive la realtà di Camp Soundown, al contempo così diversa e così speculare alla nostra. Il tutto, inoltre, è stato fatto senza alcun ricorso alla pietà, rischio sempre presente quando si affrontano temi così delicati.Non vi resta che entrare in questo mondo sospeso fra realtà e sogno e lasciarvi incantare dalla storia nella storia, quella d’animazione firmata dal superbo Lorenzo Ceccotti. Il film, infatti, è diviso in due parti: alla messa in scena della vita reale di alcuni bambini affetti dalla patologia è affiancato un fiabesco cartone animato ambientato, chiaramente, di notte, e portatore di un alto valore simbolico.Fiction e realtà sono unite in un molteplice scopo: far conoscere una patologia poco nota, sensibilizzare l’opinione pubblica in modo sano e non paternalistico; e ancora, diffondere l’impegno alla comprensione e condivisione della diversità, che non è da considerare quale “altra da sé”, estranea da demonizzare. La diversità è, appunto, da accettare, condividere, inglobare: è arricchimento, è presa di coscienza di un mondo variegato e molteplice. Cosa che oggi, nei vari aspetti della società, sembra sfuggire ai più.
Michela Graziosi