Dopo il grande successo ottenuto al Festival di Cannes nel 2008 con la presentazione del film Il divo, ispirato alla figura di Giulio Andreotti straordinariamente interpretato da Toni Servillo, Paolo Sorrentino torna a far parlare di sé con la pubblicazione del libro: Hanno tutti ragione, grazie al quale ha ottenuto una candidatura al premio Alabarda d’oro 2010. In realtà il protagonista di Hanno tutti ragione, Tony Pagoda, è una vecchia conoscenza del regista e, ormai, romanziere Sorrentino; infatti Tony è stato anche il protagonista di L’uomo in più (lungometraggio presentato al festival di Venezia nel 2001 e vincitore, tra gli altri, del Nastro d’Argento). Tony è un cantante di musica leggera di successo; sprezzante, apparentemente sicuro di sé e cocainomane. È, come affermato dallo stesso autore in occasione della presentazione ufficiale del romanzo, “uno straordinario Caronte” che guida il lettore attraverso innumerevoli mondi, da quelli più infimi a quelli più elevati. Il regista napoletano ripercorre le vicende di Tony che hanno come scenario la Napoli degli anni ’70: una città livida, degradata, senza riscatto; passando per il Brasile, dove il protagonista decide di rifugiarsi al termine di una tournèe e di passarci vent’anni della sua vita, per far poi ritorno in Italia, nella Roma dei giorni nostri, al seguito di un potente uomo politico e tra le mani un sensazionale contratto. È la storia di un cantante all’apice del successo, circondato da tantissime donne, personaggi illustri, maestri e compagni di strada, che si trova, all’età di 44 anni, a fare i conti con l’abbandono da parte della moglie e il declino della fama. Proprio nel momento in cui tutta la sua vita sembra crollare, Tony decide, con una sterzata netta, di sparire completamente e dare un taglio deciso alla vita precedente. Caratteristiche fondamentali del romanzo e per le quali può essere considerato unico nel suo genere sono, certamente, l’asprezza della forma e il linguaggio: ironico, a tratti grottesco e crudo, sferzante e spericolato; che talvolta prende in prestito culture e sottoculture napoletane. Un linguaggio, sotto tutti i punti di vista, sperimentale.
Cinzia Murgia