Uno strano caso di matrimonio combinato

samaritani_sinagoga-04Conosciamo i samaritani principalmente per la parabola nel Vangelo di Luca alla quale facciamo riferimento quando diamo a qualcuno del “buon samaritano”. In effetti essa parla di un samaritano che mentre era in viaggio soccorse un uomo percosso e derubato dai briganti. Gli si avvicinò curando le sue ferite, poi dopo averlo caricato sul suo giumento, lo portò in una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede al locandiere, dicendo: «Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno». Ma chi sono oggi i samaritani? Molti dicevano che si sarebbero estinti e in effetti calcolando che nel 1916 erano scesi al numero di 122 individui, l’ipotesi non era totalmente infondata. Però poi le cose sono cambiate. A Kiryat Luza e Holon, vicino a Tel Aviv, in Israele, oggi sono 750. Ma si trovano anche in Cisgiordania; nello specifico, fino agli anni 80 abitavano prettamente a Nablus, poi dopo la prima Intifada, sono tornati a vivere sul monte Gerizim. I Samaritani, antichi abitanti della Samaria, professano il Samaritanesimo, una religione abramitica che ha molto in comune con quella ebraica e che però i primi considerano contaminata da riti ed elementi importati dall’esilio babilonese. Ritengono che la loro Torah, scritta su una pelle di montone 3639 anni fa dal nipote di Mosè dopo la morte del profeta, sia l’unica autentica. Ritengono che i loro sacerdoti, appartenenti alla tribù di Levi, discendano dai primi figli d’Israele, che fuggiti dall’Egitto arrivarono nella terra di Canaan e si fermarono sul monte Gerizim. Qui ancora oggi, tra le rovine romane, bizantine e islamiche si tengono i riti più importanti, come la Pasqua, durante la quale avviene il sacrificio di decini di agnelli secondo una tradizione immutata da secoli. Non mancano analogie con l’Islam, a partire dalle sinagoghe al cui interno si trovano tappeti stesi per terra, sopra i quali ci si inginocchia proprio come fanno i musulmani, a differenza degli ebrei che invece pregano seduti. Prima della preghiera c’è il rituale di purificazione, lo hudu, che ricorda quello presente nel Corano. Un’ulteriore analogia è riscontrabile nel fatto che anche per i samaritani esistono cinque pilastri della fede: l’unicità di Dio è però l’unica in comune con i musulmani. Gli altri riconoscono rispettivamente Mosè come profeta, il credo nella loro Torah e nel giorno del giudizio e poi la santità di Gerizim. Ovviamente gli elementi comuni sono maggiori con l’ebraismo, sebbene stando alle parole di qualcuno di loro, essi non siano molto amati dai coloni ebrei che abitano le zone limitrofe. Ma la novità più peculiare relativa ai samaritani al giorno d’oggi è probabilmente l’arrivo in comunità di ragazze ucraine, giunte in loco per andare in spose agli uomini, a fronte della carenza evidente di donne samaritane in età da marito; un fatto quest’ultimo che ha chiaramente ridotto il tasso di natalità, cui si aggiungono inevitabili problemi legati all’accoppiamento tra i individui della stessa comunità, come la nascita di bambini disabili. Perciò da una quarantina d’anni i samaritani permettono le nozze miste. Nel 2004 è arrivata poi una fatwa emessa da un sommo sacerdote, che apriva alle nozze con ragazze dell’est Europa e dell’Asia centrale. Dieci anni fa, dall’Ucraina si è trasferita la prima giovane, Alexandra Kraskuk, che ora si chiama Shura Altif. Suo marito l’ha selezionata attraverso un’agenzia matrimoniale israeliana vedendo la sua foto in versione on line. La scelta di effettuare un cambiamento così drastico non è però stata semplice. Prima di tutto è stata necessaria la conversione, avvenuta dopo aver studiato e appreso le rigide e dure norme religiose comunitarie, tra le quali spicca l’isolamento dagli altri durante la settimana del ciclo mestruale. Questo si allunga in seguito alla nascita di un figlio maschio (40 giorni) o nel caso della femmina il doppio (80). Ma ciò non ha dissuaso le giovani straniere che hanno deciso di cambiare radicalmente la loro vita con l’obiettivo di migliorarla anche economicamente. Siamo abituati a considerare il web come qualcosa di non conciliabile con latitudini diverse dalle nostre, che riteniamo le più moderne in assoluto. Eppure questo caso particolare dimostra che non è sempre così. Le vie della nuova vita “on line” sono infinite, per tutti.

Silvia Di Pasquale

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