“Io ero stata la balena, il dorso forte su cui lui s’era fermato, come un uccello in attesa del vento che lo restituisse al suo viaggio. E prima di andarsene, per ricompensarmi, mi aveva portato con il becco un pesce, raccolto dal mare per me”
La vicenda narrata dalla Mazzantini ha inizio e ha fine nell’ex capitale Iugoslava, Sarajevo. È il 1984: la città bosniaca, colta, multietnica e pluralista, si accinge ad ospitare le Olimpiadi invernali e la giovane Gemma, protagonista del romanzo, lascia l’Italia del “benessere”, oramai più illusorio che effettivo, e si ritrova a Sarajevo per concludere la sua tesi di laurea sullo scrittore, Premio Nobel nel 1961, Ivo Andric. Nella città bosniaca, la studentessa romana incontrerà due degli uomini della sua vita: la sua guida – poeta, Gojko, e un giovane genovese fotografo “di pozzanghere”, Diego, un pò bambino, un pò indifeso e molto solare. Tra Gemma e Diego scocca immediatamente una scintilla che porterà i due a vivere una storia d’amore senza tempo: intensissima, imperfetta, dolce e appassionata.
La grande storia d’amore tra i due giovani, così come tutta la vicenda, non è narrata, dall’autrice, cronologicamente, ma mediante continui flash back: la narrazione si intreccierà così tra il passato vissuto da Gemma, Diego e Gojko, e l’oggi rappresentato da Gemma e Pietro; sullo sfondo le tracce della guerra che insanguinò nel 1992 il Paese e portò alla sua dissoluzione. Il romanzo si apre, infatti, con una telefonata da Sarajevo e la richiesta, da parte di Gojko a Gemma di tornare in quella città da cui la donna ha avuto tutto e in cui, allo stesso tempo, ha perso tutto. Gemma, ormai adulta e madre di Pietro, decide di accettare l’invito lottando tra l’angoscia del presente e la possibilità di rivivere in pieno l’orrore del passato. Porta con sé il figlio, sedicenne romano, perchè vuole che veda quella città martirizzata in cui lei aveva conosciuto e amato suo padre, mai conosciuto da Pietro perché morto là, vittima indiretta di quella maledetta guerra che lacerò e violentò la Bosnia.
Dall’arrivo a Sarajevo comincia per Gemma un duplice viaggio: nel presente con Pietro, attenta alle sue reazioni, e allo stesso tempo nel passato rivivendo quei giorni terribili, l’orrore, la paura non soltanto della guerra ma anche di non soddisfare il suo disperato desiderio di maternità.
Margaret Mazzantini narra il cammino misterioso di una nascita, quella di Pietro, che fa piazza pulita della scienza, della biologia, e si addentra nell’occhio del ciclone di una Guerra che mentre uccide procrea. Nell’immenso affresco di tenebra e luce, in questo romanzo intimo e sociale, le voci di quei ragazzi si accordano e si frantumano nel continuo rimando tra il ventre di Gemma e il ventre della città dilaniata. È una storia di pace e di guerra. La pace è l’aridità fumosa di un Occidente flaccido di egoismi, perso nella salamoia del benessere. La guerra è quella di una donna che ingaggia contro la natura una battaglia estrema e oltraggiosa. L’assedio di Sarajevo diventa l’assedio di ogni personaggio di questa vicenda di non eroi scaraventati dal calcio della Storia in un destino che sembra in attesa di loro come un tiratore scelto. Il cammino intimo di un uomo e di una donna verso un figlio, il loro viaggio di iniziazione alla paternità e alla maternità diventa un travaglio epico, una favola dura come l’ingiustizia, luminosa come un miracolo. È regalato al lettore un romanzo-mondo, opera trascinante e di forte impegno etico, spiazzante come un thriller, emblematica come una parabola. Una catarsi che dimostra come, nonostante tutto il male della Storia, possa erompere lo stupore smagato, sereno, di un nuovo principio. Una specie di avvento che ha il volto mobile, le membra lunghe e ancora sgraziate, l’ombrosità e gli slanci di un figlio di oggi chiamato Pietro.
Se, da una parte, la lettura del romanzo riesce a lacerare, sconvolgere, denudare ogni falsa coscienza, buttarci in mezzo al dolore e al male assoluto senza offrire ripari. Ma il messaggio che ogni lettore, pur segnato da cicatrici e sensi di colpa, alla fine porta con sé è l’idea che anche dall’orrore possa nascere qualcosa, che uno spiraglio di speranza rimane sempre aperto.
Margaret Mazzantini, Venuto al mondo, Oscar Mondadori, 540 pagine, 14,00 €.
Cinzia Murgia