Roma – Il 24 ottobre durante la nota Festa del Cinema di Roma, giunta alla 13esima edizione, Martin Scorsese ha regalato ai fortunati, giunti presso Sala Petrassi dell’Auditorium Parco Delle Musica intorno alle ore 15, emozioni indimenticabili. L’incontro – in assenza di stampa e televisioni – è stato voluto da Antonio Monda, organizzatore della festa e mediato dal professore universitario di storia del cinema Andrea Minuz. Nella prima parte sono intervenuti gli studenti con domande tecniche e personali al Maestro. Scorsese, rispondendo, ha affermato che «Il cinema italiano ha avuto un ruolo fondamentale per me per diventare cineasta, non so se sarei diventato un regista se non avessi visto De Sica, Rossellini, De santis e gli altri neorealisti».
Ha ammesso di non amare rivedere i propri film: «È già una sofferenza farli» dice cono tono scherzoso, e ha citato l’incontro con Kurosawa: «Mi ha dato dieci minuti per parlargli di una petizione a favore dei giovani cineasti. Io gli parlavo velocissimo per non perdere tempo e lui mi guardava immobile, con l’orologio sul tavolo per assicurarsi che fossero solo 10 minuti. Dopo anni ha chiesto a Coppola di contattarmi per il ruolo di Van Gogh perché era rimasto colpito dal mio vigore».
Ha illustrato anche il modo in cui le sceneggiature prendono vita per diventare veri e propri film: «Facciamo molte prove. Per “The Irishman” ci siamo seduti con De Niro, Al Pacino, Joe Pesci, con cui ci conosciamo da decenni, e parliamo, non dobbiamo neanche leggere. Qualcuno ha un’idea e la buttiamo già. Mi piace tenere aperto il set, si tratta di riempire spazi vuoti. È un rischio ma bisogna essere bravi a dare una forma alle sperimentazioni»,
Poco dopo, la commozione. Martin Scorsese si alza, tira fuori un discorso, mette gli occhiali e tutti i riflettori puntati su di lui e il silenzio è dei più tombali: «Alla fine degli anni Settanta, Paolo, Vittorio, Lina e Carlo sono stati così cari con me, nel modo in cui mi hanno accolto in Italia allora, e come mi hanno aperto le loro case. Sono stati così pazienti, dei veri amici, quelli passati con loro sono stati i migliori momenti della mia vita». Arrivano le lacrime, fino a quando un commosso Paolo Taviani si alza per salutare il pubblico che gli ha regalato tre veri minuti di forti applausi. Quando Scorsese abbandona la sala, il proiettore stava mostrando i titoli di testa del film dei fratelli (Vittorio è scomparso pochi mesi fa) di San Michele aveva un gallo, restaurato dal Centro Sperimentale di Cinematografia e Fondazione Cinema per Roma.