‘A monnezza

Da qualche tempo spopola sui media sociali un losco figuro, come si sarebbe definito tanti anni fa, in realtà un povero personaggio che, in modi molto aggressivi, si scaglia contro il governante o amministratore di turno in qualità di difensore dei ragazzi di oggi e dei loro diritti. Gli slogan che adotta sono molto populistici, nella loro rozzezza e ignoranza, proferiti in romanesco che fa tanto tendenza tra i giovanissimi.

Il tizio in questione, dotato di soprannome colorito e accattivante, pare sia un ex operatore ecologico, attività che, se non fosse stata dallo stesso prematuramente interrotta, lo avrebbe continuato a onorare e qualificare come lavoratore indispensabile nella società. La stessa indispensabilità, purtroppo, non ritrovo nella sua attuale attività, apparentemente anche molto redditizia per lui, che rischia di procurare danni a decine di ragazzi attratti da un gergo farcito di volgarità e violenza senza fondamento se non quello di attrarre nuovi seguaci a fine di lucro. Non voglio entrare nel merito dei suoi discorsi ma li reputo la vera immondizia da eliminare dalla società…

Le poche righe precedenti non vogliono distrarre i miei tre lettori dal tema settimanale ma solo costituirne una semplice introduzione. Il depauperamento culturale evidenziato dalla sempre maggior carenza di idee, partiti, movimenti, correnti artistiche, gruppi di opinione ma anche di una classe dirigenziale preparata, ha interessato pure il mondo della comunicazione. Se fino a qualche anno fa i media erano principalmente la carta stampata e la televisione, con l’avvento di Internet sono nati altri mezzi, sempre più tecnicamente sofisticati ma anche con una diffusione tale da raggiungere ogni angolo della Terra. Questa rete non si è dispiegata, però, solo a livello geografico ma anche, trasversalmente, a livello di utenti. In concreto, se prima i creatori di opinione erano specialisti della materia intervistati da testate giornalistiche oppure ospiti delle principali trasmissioni televisive, oggi si assiste a una popolarizzazione delle opinioni, potendo ognuno esprimere la propria idea attraverso i media sociali, Facebook, Instagram, Twitter…

Di pari passo anche le varie branche della scienza sono diventate materia di dissertazione di chiunque sappia sbatacchiare due dita due sulla tastiera. Se prima eravamo 60 milioni di allenatori di calcio, oggi siamo anche 60 milioni di segretari di partito, di banchieri, di professori di economia, di avvocati, di primari, di psicologi, di geologi, di virologi… Ovviamente tale situazione ha creato le basi perché ognuno avesse non solo diritto di parola ma anche una cassa di risonanza e una vetrina sulla piazza del paese, anzi, il Paese… Se da una parte questo sistema ha dato modo a tante persone di leggere e approfondire le proprie conoscenze, dall’altra ha creato una ridondanza di informazioni che spesso crea confusione e distorsione nei valori. Quindi da un potenziale rafforzamento culturale, corriamo il rischio di diventare prede di imbonitori del web che ci condizionano nel voto come nel detergente intimo, facendoci credere con post spesso creati da bestie digitali (con tutto il rispetto per i veri animali) che le mascherine siano inutili per proteggerci dal Covid19… Ma, del resto, basta credere alle fandonie perché diventino vere, questa è la potenza del WEB. Io preferisco credere che Babbo Natale esista…

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