“Il razzismo non è di moda”: questo il motto di African Fashion Gate, laboratorio permanente di iniziative culturali e di interventi concreti contro i superstiti episodi di razzismo, discriminazione ed esclusione nel mondo della Moda, delle Arti, dello Spettacolo e dello Sport. Con sedi in Europa, Africa, Nord e Sud America, la ong no-profit ha un’incredibile storia fatta di azione, lotta e forza. A raccontare la genesi del progetto il fondatore e socio Nicola Paparusso, meritevole attivista nel campo della ricerca universitaria e del sociale. L’iniziativa è nata nel 2012 in Dakar, nel Senegal, dalla collaborazione fra Nicola Paparusso un noto imprenditore libanese e il Ministro Consigliere del Presidente della Repubblica del Senegal, con un’idea che affonda proprie radici in una forte esigenza: quella di internazionalizzare la moda africana sconfiggendo alcuni pregiudizi sulla stessa e, prima di tutto, sul mondo africano. Difatti, era opinione diffusa che tale moda non fosse indossabile dagli europei; inoltre, erano in molti a credere che non avrebbe mai avuto mercato. Per combattere tutto ciò, inizialmente è nata un’associazione di diritto senegalese; successivamente, Nicola ha capito che per lottare a favore dei diritti della black-culture e favorire il loro ingresso nella Moda era necessario agire nelle sedi istituzionali e politiche fra le quali, in primis, il Parlamento europeo. È in questo contesto che l’associazione si è battuta per richiedere norme nuove e leggi che potessero facilitare l’ingresso degli africani nel settore; grazie alla nascita di una sede italiana, poi, è stato possibile trovare un punto di raccordo tra tutte le realtà sparse per il mondo che stavano contribuendo alla causa. Una delle prime battaglie portata avanti da African Fashion Gate è stata quella di affermare il diritto delle modelle di colore a sfilare sulle passerelle internazionali. Inizialmente, infatti, quest’ultime erano particolarmente assenti: l’unica a sfilare era Naomi Campbell. Lei in particolare, sottolinea Paparusso, aveva afferrato e compreso tale lacuna della Moda – che rappresentava una vera e propria forma di discriminazione – e aveva cominciato ad agire sulla scia di Iman Mohamed Abdulmajid, famosissima supermodella e moglie di David Bowie. Rispetto a quanto fatto da tali donne, però, African Fashion Gate ha sicuramente saputo dimostrare una diversa incisività: come spiegato da Paparusso, infatti, la no-profit non si è limitata a raccontare la propria causa ai media, ma ha portato avanti delle vere e proprie interrogazioni parlamentari al Parlamento europeo, chiedendo normative e appoggiandosi a studi legali. Allo stesso tempo, non ha mai dimenticato di richiedere la solidarietà e la complicità delle comunità nere sparse nel mondo (che ha sempre ricevuto). Nicola sottolinea, però, che una grande mano al raggiungimento degli obiettivi preposti è stata indubbiamente data dalla giornalista Franca Sozzani la quale, recepita la problematica, ha appoggiato molto l’azione. Ad aiutare il business anche la consulenza di Adriano e Clarissa Marsala, esperti di Società Benefit e B Corp che ad oggi cercano di accostare il mondo del business all’etica, al rispetto dall’ambiente e all’equità sociale; proprio come, nello stesso modo, da sempre cerca di fare African Fashion Gate. Il 21 marzo presso Spazio Europa – gestito dall’Ufficio del Parlamento europeo in Italia e dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea – sarà Adriano Marsala uno dei protagonisti del dibattito “Società Benefit & B Corp, un ponte tra l’impresa ed il terzo settore. Coesistenza del business con il benefit” insieme con il primo firmatario del provvedimento sulle Società Benefit. Essendoci tali comuni prospettive, dice Paparusso, lui e Marsala sono sempre riusciti a collaborare per il raggiungimento di obiettivi condivisi, arrivando così a grandi risultati. Negli anni del suo operato, l’associazione è riuscita a portare sulle passerelle varie modelle di colore – di cui Paparusso preferisce non
fare i nomi – permettendo loro di fare successo. Allo stesso tempo, hanno riscosso la simpatia di vari brand che, volenterosi di combattere le ingiustizie del mercato, hanno sposato la causa. Un esempio concreto di interazione con i marchi della grande distribuzione viene dall’opposizione di Fashion Gate al noto brand H&M, nata a seguito della pubblicità razzista del 2018 (che ha portato alla diffida dello stesso). Da questo episodio, l’associazione ha deciso di creare un dipartimento per arbitrare la pubblicità e promuovere una moda etica; ha inoltre querelato alcuni personaggi di spicco per azioni razziste. Secondo Paparusso, i punti di forza della no-profit sono sicuramente il suo essere apolitica, apartitica e totalmente indipendente (cosa che le permette di non cedere a strumentalizzazioni). Altro grande vantaggio è, poi, nel fatto che gode del pieno appoggio di numerosissime comunità nere sparse nel mondo. In generale, African Fashion Gate si batte affinché la forza acritica che la moda ha sulle masse non sia trainante; vorrebbe invece che la mancanza di equità fosse sempre contrastata con l’utilizzo di un approccio etico alla stessa. I più grandi ringraziamenti che l’associazione riceve hanno a che fare con la stessa attività svolta: in generale, infatti, mancano strutture, format istituzionali e associativi che lottano attivamente per il razzismo nella moda. Proprio per questo motivo, ribadisce Paparusso, il loro operato è stato riconosciuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall’UNAR – acronimo di Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali – e sono accreditati al Parlamento europeo. Importante in tal senso anche il Premio “La Moda veste la Pace”, nato con l’intento di riconoscere e premiare negli ambiti della Moda, dello Sport e dello Spettacolo – vicini ed interconnessi per tematiche e mission – chi si è distinto positivamente; l’approccio è dunque pacifico e punta a mettere in risalto i meriti, invece che attaccare criticamente chi ha agito in modo negativo. La decima edizione del Premio si terrà il prossimo 21 marzo 2023 presso Spazio Europa, a Roma, e sarà dedicata alla memoria di Vivienne Westwood (brand già premiato). Ad oggi, l’azione di African Fashion Gate riesce ad apportare un enorme contributo alle aziende del Terzo Settore. L’obiettivo è chiaro: integrare, promuovere e favorire un pari accesso al mondo della Moda escludendo per sempre razzismi, disparità e discriminazione.