Agée, anziana, vecchia, ancora donna!?

Agée, anziana, vecchia, ancora donna!?

1973. Erika Jong, citando Virginia Woolf, ringrazia la sua musa personale per averle concesso una stanza tutta per sé e pubblica Fear of Flying, che in Italia viene dato alle stampe due anni più tardi col titolo Paura di volare. Un romanzo travolgente, definito dallo stesso Henry Miller la controparte femminile del Tropico del Cancro, un’operazione narrativa attraverso la quale una donna parla di sesso come un uomo. Piuttosto lineare la trama, una disincantata disanima di relazioni e tradimenti con un finale, sospeso, proposto “allora” quasi come irrituale.L’autrice amò definirlo ottocentesco ed aggiunse che qualunque cosa fosse successa era certa che sarebbe sopravvissuta.

“Sapevo che avrei continuato a lavorare, sopravvivere significava rinascere parecchie volte ed era sempre doloroso “.

Isadora, maritata Wing, bella, appassionata, sessualmente infiammabile creatura, diventa il personaggio centrale di una narrazione picaresca nella quale gli uomini fanno una figura men che grama.

Il triangolo amoroso, un topos letterario ormai scontato, sostiene pagina dopo pagina un movimento introspettivo, quasi un parlarsi sottovoce, attraverso il quale la protagonista naviga l’inconsueto mare della sua (troppo?) prevedibile esistenza. La Wing, paziente di almeno sei psicoanalisti, poi coniugata col settimo, contrasta un matrimonio prevedibile, sulla cui monocorde stabilità si allungano le ombre di una noia neanche tanto celata.

E’ un personaggio irrequieto ed inquieto, da ribelle cerca una libertà poi salata di disincanto. Inevitabile porre lo sguardo sul brillante Adrian Goodlove, fascinoso quanto vacuo affabulatore: le farà vivere un’avventura coinvolgente e sconvolgente al tempo stesso.

Sarà un viaggio reale e metaforico, più o meno rocambolesco, in compagnia di un uomo la cui mediocrità brillerà a tutto tondo, necessitata dell’altrui dipendenza, sapientemente fomentata da strategie di manipolazione affettiva volte a sedurre la malcapitata di turno.

Tutto sommato potrebbe quella di Adrian definirsi una tattica mordi e fuggi, come bene evidenzia la scrittrice nei dialoghi, incisivi, che paiono astutamente cuciti addosso al personaggio di Isadora.

Nella figura di Bennet, invece, l’inossidabile marito della Wing, prendono corpo le differenze antitetiche dei due partner: finiranno, entrambi, per rappresentare due facce di un’unica deludente medaglia, spesso amaramente vista con gli occhi del dubbio e del bisogno di una donna.

Se per Elena Gianini Belotti “gli osanna tributati alle attrattive della donna matura significano che la sua età costituisce ancora l’unità di misura sulla quale la si giudica, la si valuta, la si apprezza”, per Patrizia Carrano l’ aver invece, come nel caso della Jong, per prima e tanto efficacemente raccontato “quanto ampia possa essere la gamma dei desideri e degli slanci delle donne”, segna un punto a favore della parità di genere. E’ sancito come evento reale il potersi tradire, perché in qualche modo viene ricompreso in una costellazione di accadimenti attraverso i quali una relazione può mutare.

E’ un modello di adultità, confermato dalla stessa Jong nel successivo Paura dei cinquanta, che attua un viraggio, deciso, verso la sessualizzazione dell’età adulta tarda, filone narrativo che si rivelerà promettente di racconti e redditizio di biografie anche personali.

Forte dell’adagio, promosso da Doris Lessing, che noi siamo quello che impariamo, e spesso ci vuole molto tempo ed anche dolore, anche in questo senso Erika Jong ha svolto una funzione di apripista : immagini e modelli del femminile, presenti in personaggi, ruoli e funzioni, non tendono più a dare sostegno ad una femminilità quieta e compiacente.

Questo snodo di libertà e autoconsapevolezza renderà a sua volta più complessa, ma al tempo stesso più semplice, l’immagine di un femminile che invecchia, un modello antropologico che avrà, forse, necessità più volte di definirsi e ridefinirsi.

Sarà infatti quella dei baby boomers* la prima generazione che incontrerà la propria (nuova)vecchiaia.

Già Germaine Greer ne’ La seconda metà della vita, ha aperto la strada a molto altro, puntando ad abbattere l’annoso stereotipo in base al quale una donna che invecchia può anche chiedere, a patto

però di mantenere una propria decorosa invisibilità. Magari virtuosamente acconciata in un discreto ingrigire, forte di una virtù, meglio un’attitudine, precipua: il non fare spazio a sé, ma con discrezione ad oltranza – gesto tanto più apprezzabile in una anziana – avvalorare una propria legittima assenza.

Vero è per la Greer che finché si rimane, o si tende a rimanere, dentro uno stereotipo non si può cominciare a narrare la propria storia. Invecchiamo con grazia, viviamo un tempo che non senta, invece, troppo piccolo lo sguardo su un futuro corto. È quanto sostiene, in qualche modo, Lidia Ravera nel suo Terzo tempo.

Semplicemente vive.

Perché, come saggiamente rileva nell’interessante testo della Lipperini Massimo Fini, “ abbiamo creato una società che ha terrore della morte come mai prima d’ora .E con la paura della morte, lo sappiamo da sempre, vivere diventa difficile”.

Riferimenti bibliografici

* Un baby boomer è una persona nata tra il 1946 e il 1964 in Nordamerica o in Europa, che ha contribuito a quello che fu un sensibile aumento demografico avvenuto in quegli anni, conosciuto, per questo, come baby boom(da wikipedia)

E.Jong, Paura di volare, Tascabili Bompiani, Milano,1975

E.Jong, Ballata di ogni donna, Milano Bompiani, 1989

E.Jong, Paura dei cinquanta, Bompiani, Milano, 2000

G.Greer,La seconda metà della vita. Come cambiano le donne negli anni della maturità, Oscar Mondadori,Milano,1992

Loredana Lipperini,Non è un paese per vecchie, Serie Bianca Feltrinelli, Milano,2010

L.Ravera,Il terzo tempo,Bompiani,Milano,2017

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