Roma celebra Gino Galli, genio futurista e controverso al MLAC, Museo Laboratorio di Arte Contemporanea della Sapienza di Roma.
“Un pittore solitario, tormentato, omosessuale, appassionato di occultismo, probabilmente morfinomane, protagonista di un’esistenza ancora avvolta nel mistero e non priva di ombre. Ma un’artista capace di creare quadri enigmatici e di rara bellezza”.
E’ pertanto preziosa l’esposizione che ospita i suoi quadri fino al 6 maggio, a quasi ottant’anni dal suo decesso.
Il giornalista del Corriere della Sera Edoardo Sassi, la ricercatrice Giulia Tulino, che hanno curato la mostra, con il coordinamento scientifico di Ilaria Schiaffini, docente di Storia dell’arte contemporanea e direttrice del MLAC, a conclusione di un accuratissima attività di ricerca, descrivono la storia del pittore romano mediante 50 coinvolgenti dipinti seguendo il filo cronologico.
Il Maestro inizia con il Puntinismo, nel 1910 fu allievo preferito di Giacomo Balla che lo accolse nella sua abitazione, poi lo spostamento dopo la Marcia su Roma verso un ritorno all’ordine e un realismo magico con uno stile originale e indipendente.
Nei primi anni del movimento era già nel gruppo degli eminenti nomi del Futurismo, autore e firmatario di rilevanti testi teorici e condirettore con Giacomo Balla, Giuseppe Bottai ed Enrico Rocca della rivista “Roma Futurista”.
Nel 1919 e nel 1921, la Casa d’arte Bragaglia della Capitale, una delle gallerie più prestigiose di quel periodo, organizzò le sue due prime rassegne personali.
Gino Galli è stato fino ad oggi un’artista del tutto ignoto anche dalla storiografia sul Futurismo, salvo sporadiche eccezioni a volte sbagliate, come ad esempio la data di morte, quasi ovunque posticipata di dieci anni.
Egli fra l’altro, ebbe un’esistenza problematica a causa delle sue pessime condizioni di salute e della sua instabilità mentale.
Sul silenzio che circonda l’artista quando era in vita e poi nel dopoguerra, oltre alla sua adesione al fascismo, grava la sua omosessualità, il suo interessamento all’occultismo, la scoperta che era nella lista dei subconfidenti dell’Ovra, la polizia segreta del Regime, il legame con Bice Pupeschi a cui destinò l’ultimo ritratto esistente.
La donna, che voleva fare la soubrette, gestiva a Roma due case di appuntamento, fu spia e una delle amanti del capo della polizia fascista Arturo Bocchini.
Di Bice, che sembra esser stata peraltro un personaggio di straordinaria perfidia, ricordiamo il volto in virtù del suo ritratto esposto vicino ad una cartolina. Il suo viso viene infatti rappresentato da Gino Galli tramite una pittura monocolore realizzata a pastello negli anni Trenta, determinata da una luce che evidenzia la sua equivocità.
La mostra perciò commemora la riscoperta di un interprete di primo piano appunto controverso, dell’arte del Novecento di cui, come già citato, sono presentati 50 dipinti, allestiti in ordine cronologico.
Dagli esordi prefuturisti agli anni Quaranta, provenienti da collezioni private ad esclusione di tre opere: una dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e due dalla Fondazione Brescia Musei, congiuntamente a documenti originari.
Numerosissimi sono gli inediti seguenti alla partecipazione di Gino Galli al movimento di Marinetti, quando negli anni Venti l’artista romano si rivolge appunto verso un ritorno all’ordine.
In tale età, realizza le nature morte ed i ritratti con reali riferimenti al contesto di “realismo magico”, cui seguiranno negli anni Quaranta, una sequenza di paesaggi con rovine, distinti da una avvolgente luce pomeridiana.
Sono inclusi nella rassegna anche la produzione del pittore di tele di soggetto erotico, in via eccezionale di grandi dimensioni, fatto infrequente nella storia dell’arte.
Il ritratto del giovane “Nudo di uomo (Luciano)”, olio su tela del 1933-1935 e un intenso “Nudo di donna (autoerotismo)”.
E ancora “Nudo di uomo (autoerotismo)” del 1920-1921, da collezione privata, ritenuto una specie di dipinto dello scandalo, per la prima volta in esposizione. Il ragazzo in camicia nera, nell’azione di masturbarsi, rivolge lo sguardo su una rivista, l’olio su tavola è il quadro che prodigiosamente è sopravvissuto fino ai nostri giorni, essendo stato nascosto a livello decennale in una cantina, dietro un armadio.
La curiosità della composizione riguarda Elica Balla, figlia di Giacomo, che conosceva la tela e propose di nascondere il punto incriminato, però fortunatamente non si attuò tutto ciò e il dipinto domina nel museo con la sua eccezionale energia erotica.
Alcune vetrine presentano documenti originali, quale una fotografia di Luce Balla, ritratta dal Genio futurista.
Continuando, la prima pagina di “Cronache d’attualità” e di “Roma futurista”, un biglietto autografo di Filippo Tommaso Marinetti per Gino Galli, e una fotografia dell’artista con la famiglia Balla.
Edoardo Sassi ha eseguito un’indagine minuziosa e molto approfondita dei lavori dell’artista per la rassegna, dopo essersene occupato per la sua tesi di laurea, in quasi trent’anni, in maniera costante e negli ultimi due molto assiduamente.
“Gino Galli ha continuato a dipingere per tutta la vita, ma nel suo taccuino si descrive sempre malato, solo e angosciato, concentrato esclusivamente sull’arte. Ci ha sorpreso scoprire come un pittore così straordinario sia sfuggito per oltre cento anni a tutti i radar. Stiamo comunque parlando di un gigante. Questa mostra è una goccia nel mare, un primo passo per fare ordine e aprire nuovi territori di ricerca”. Spiega il curatore.
Un percorso suggestivo ed emozionante che mette il pubblico e gli esperti del settore davanti ad un’inaspettata riscoperta di un pittore non molto noto, ma decantato dalla bellissima esposizione.
Il catalogo, a cura di Edoardo Sassi e Giulia Tulino, con un’introduzione di Ilaria Schiaffini, una prefazione di Claudia Salaris e diversi contributi critici, è edito da De Luca Edizione d’arte.
La mostra ad ingresso libero, si può visitare dal lunedì al sabato dalle 15 alle 19.