Apollo e Dafne. Un mito, una statua che suscita da sempre un’incontenibile meraviglia. Commissionata dal cardinale Scipione Borghese a un Bernini poco più che ventenne, è uno dei gioielli più inestimabili della Galleria Borghese.
La maestria dello scultore è chiara ai nostri occhi. Bernini è come un pittore del marmo: la roccia è materia fluida da plasmare in minuziosi dettagli. Ci sono però tre curiosità che possono destare in noi ancora più stupore.
La prima è che un tempo le pareti della stanza in cui si trova l’opera erano rivestite interamente di corami. Una sorta di carta da parati tipica dell’epoca, realizzata con strisce di cuoio colorate.
La seconda è che in origine la statua era addossata alla parete confinante con la Cappella, proprio come fosse un dipinto. Fu spostata al centro della stanza alla fine del XVIII secolo. Guardandola dal basso, nella volta del soffitto, possiamo quindi osservare anche lo splendido affresco realizzato da Pietro Angeletti.
Infine, il dettaglio più inaspettato: le mani e le teste di Apollo e Dafne sono rimaste incompiute. Facendo delle foto dall’alto ci si è resi conto di alcuni segni di grafite sulle unghie e sul capo. Forse Bernini temeva di danneggiare dei pezzi così delicati o di alterare l’equilibrio della statua. Un unico blocco di marmo, da preservare nella sua maestosa fragilità.