“Qualunque cosa fatta di luce proietta un’ ombra. La nostra opera è d’ombra, appartiene alla luce”.
Louis Kanh
Fino al 29 novembre 2020, Il Maxxi Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo a Roma espone negli spazi del Centro Archivi l’interessante mostra “Architettura, Silenzio e Luce. Louis Kahn nelle fotografie di Roberto Schezen” curata dalle storiche dell’arte Simona Antonacci ed Elena Tinacci. L’evento realizzato per l’acquisizione nelle Collezioni di Fotografia del Maxxi Architettura del Fondo donato da Mirella Petteni Haggiag raccoglie gli scatti realizzati da Schezen per la monografica su Louis I. Kahn curato da Joseph Rykwert e pubblicato da Abrams nel 2001.
Nel percorso della mostra che abbraccia l’ordine, la forma, lo stupore e le geometrie pure amate da Kahn, gli scatti dal taglio più classico “luce, ombra e forma”, sono interpretati in modo più audace da Schezen attraverso l’immagine fotografica. Louis Kahn uno dei colossi dell’architettura moderna, nato in Estonia nel 1901 e morto a New York nel 1974, influenzato dall’utopismo di Le Corbusier ma anche da quello di Buckminster Fuller, ha applicato questi principi in realizzazioni di grande impatto ambientale: è stato infatti l’architetto delle grandi istituzioni delle cattedrali, delle sinagoghe, delle università, delle capitali. Pur vestendo le sue strutture architettoniche di ciò che definì “quasi niente”, è riuscito a creare alcune fra le costruzioni più monumentali del 900. Utilizzando un eclettismo che precede le libertà post moderne, Kahn utilizza elementi romani, medievali e romantici, tanto da essere incluso dai cosiddetti “storicisti”. Le eccellenti opere dell’antichità romana e rinascimentale infatti determinano in Kahn una nuova concezione dell’architettura monumentale. Ecco in mostra il Salk Institute for Biological Studies a La Jolla, in California, influenzato dalla Villa Adriana di Tivoli. E il milanese Roberto Schezen, architetto e fotografo di architettura storica e contemporanea, (Milano 1950 – New York 2002), dedica gran parte della propria carriera ritraendo gli edifici progettati da Louis Kahn, esaltando appunto la tensione nell’aspetto monumentale della sua architettura, fotografa i lavori di Adolf Loos e la Vienna della Secessione, i monumenti italiani (le celebri fotografie degli atleti dello Stadio dei Marmi e delle statue del Palazzo della Civiltà Romana), i castelli, i palazzi, le ville in Europa e in America (le più significative dimore americane di Newport e Palm Beach), gli antichi templi del Messico e dell’America centrale.
L’allestimento della mostra è diviso in due parti, presenti le rappresentazioni fotografiche delle opere dei più celebri progetti dell’architetto Louis Kahn: dalla Yale University Art Gallery di New Haven nel Connecticut, oggi museo di antichità e arte contemporanea (1951 – 1953) alla Olivetti – Underwood Factory ad Harrisburg in Pennsylvania, stabilimento industriale realizzato con la collaborazione di un giovanissimo Renzo Piano (1966 – 1969), dalla Library della Phillips Exeter Academy nel New Hampshire nel New England, la più grande biblioteca del mondo all’interno della scuola secondaria Phillips Exeter Academy (1965 – 1972), al Kimbell Art Museum di Forth Worth in Texas, progettato da Louis Kahn (1966) realizzato successivamente da Renzo Piano, attualmente uno dei più importanti musei d’arte americani, fino ad arrivare al palazzo dell’Assemblea nazionale a Dacca, sede Parlamentare del Bangladesh, simbolo di democrazia e orgoglio della nazione indiana (1962 – 1983). La lunga parete iniziale, con le stampe d’archivio realizzate dall’autore, insieme ai negativi in bianco e nero, alle diapositive 6×6 e alle 35 mm con iscrizioni autografe, è stata creata attraverso un percorso visivo slegato dalla narrazione del singolo progetto. Le lunghe ombre emanate dalle architetture di Khan e i neri, che ne disegnano le facciate, creano un percorso che dal silenzio verso la luce esalta la bellezza della monumentalità. Il silenzio degli spazi vuoti delle immagini del fotografo Schezen, è interrotto solo dai pensieri di Kahn. A meravigliare è il dialogo con la luce dell’architetto estone rappresentato da Schezen nelle sue fotografie. Completano il percorso espositivo i testi di Louis Kahn creando una sequenza di richiami tra parole e immagini.
Le qualità luministiche dello spazio e la rigorosa ricerca progettuale di Kahn attraverso le sue opere più note nella mostra sono interpretati in maniera eccelsa attraverso i temi della luce, dell’ombra e della forma, modelli comuni all’architettura e alla fotografia creando tra esse una profonda intesa.