È aperta al pubblico da sabato 11 maggio a domenica 24 novembre 2019 ai Giardini e all’Arsenale, la 58° Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo “May you live in interesting times”, a cura dell’americano Ralph Rugoff, organizzata dalla Biennale di Venezia e presieduta da Paolo Baratta. “Il titolo di questa mostra può essere letto come una sorta di maledizione – ha dichiarato il presidente Paolo Baratta – nella quale l’espressione interesting times evoca l’idea di tempi sfidanti e persino minacciosi. Ma può essere anche un invito a vedere e considerare anche il corso degli eventi umani nella loro complessità; un invito pertanto che ci appare particolarmente importante in tempi nei quali troppo spesso prevale un eccesso di semplificazione, generato dal conformismo o da paura. E io credo che una mostra d’arte valga la pena di esistere , in primo luogo, se intende condurci davanti all’arte e agli artisti come una decisiva sfida a tutte le inclinazioni alla sovrasemplificazione”. La mostra si articola tra il Padiglione centrale ai Giardini e all’Arsenale, includendo 79 artisti provenienti da tutto il mondo, facendosi affiancare da 90 partecipanti nazionali. La mostra è composta da molti meno artisti rispetto al solito, ma ognuno ha fatto una doppia presenza per cui il numero praticamente raddoppia e la densità è realmente intensa. La Biennale di Ralph Rugoff appare come una lunga teoria di opere capaci di affrontare i vari temi della contemporaneità con uno stile e un approccio equilibrato, proprio dell’arte. Cosa possono dire gli artisti di fronte ai temi della razza, del razzismo della sostenibilità e dell’ambiente, delle migrazioni, del lavoro, della povertà, della condizione giovanile ed esistenziale in generale? Come possono prendere una posizione senza risultare stucchevoli, pedanti, patetici, inutili e cronachisti? Ad una primissima analisi gli artisti selezionati da Rugoff mediamente ci riescono. Il Padiglione Italia è allestito all’Arsenale, a Tese delle Vergini, a esporre sono i tre artisti: Enrico David, Liliana Moro e Chiara Funai. Commissario dell’Esposizione Federica Galloni, direttrice generale di arte e architettura contemporanea e periferie urbane del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali dal quale è sostenuto e promosso, infine il curatore del Padiglione è Milovan Ferronato. La mostra riesce finalmente a proporre un mix equilibrato di artisti uomini e artiste donne. Come succede in molti altri ambiti infatti, il mondo dell’arte è stato per lungo tempo appannaggio maschile. Oltre che nella mostra principale, molte straordinarie artiste in rappresentanza dei loro paesi sono presenti nei vari padiglioni nazionali. Fra queste, Larissa Sansour per la Danimarca, Kris Lensalu per l’Estonia e Inci Eviner per la Turchia. E non mancano importanti curatrici: Katerina Gregos, che ha condotto personalmente varie Biennali, è a Venezia in qualità di curatrice della presentazione Croata; la scrittrice e regista Nana Oforiatta Ayim è a capo del primo Padiglione del Ghana. Per i 17 Padiglioni, degli 87 nazionali della Biennale, hanno lavorato artiste in tandem; pensiamo al team di Arabia Saudita, Germania e Argentina. Ed è importante celebrarle perché hanno dovuto lottare a lungo contro forti pregiudizi per arrivare a questo risultato. La Biennale di Venezia in questo 2019 la ricorderemo per gli importanti lavori video che sono proposti in mostra. Christian Marclay, Ian Cheng, Stan Douglas, Arthur Jafa, Jon Rafman, Ryoji Ikeda hanno presentato dei film straordinari che meritano il viaggio. Ma guai a pensare alla Biennale 2019 come una mostra di video e foto (che pure sono molte). La pittura è tanta, tantissima e sovente di straordinaria qualità. Qualche nome? Henry Taylor, Nicole Eisenmann, Michael Armitage e molti altri. Molti sono i lavori sul grottesco e sulla maschera che nasconde mostri e deformità, come quelli di Kaari Upson, Cameron Jamie, Jean-Luc Moulene e Gauri Jill. Un altro tema ricorrente sono i conflitti, le disuguaglianze, le violenze; alla denuncia del narcotraffico di Teresa Margolles e allo sfruttamento minerario di origine coloniale di Otobong Nkanga sono andate infatti le menzioni speciali. Ma c’è anche tanto altro come le casse toraciche piene di immondizia di Andra Ursuta, i coloratissimi Teletubbies della video istallazione di Alex Da Corte, o l’ange du foyer di Cyprien Gaillard, le stampe seventies di Ad Minoliti, la mucca treno di Nabuqi…… In parallelo alla proposta espositiva della Biennale , musei e fondazioni veneziani offrono un palinsesto di tutto rispetto mettendo in campo una costellazione di “grandi mostre” (21 sono gli eventi collaterali) che guardano ai
protagonisti del panorama recente. Se la fondazione Prada dedica a Jannis Kounelliss la prima retrospettiva post mortem con un rigore filologico impeccabile, la vicina Ca’Pesaro accende i riflettori sull’epopea creativa di Arshile Gorky. Restando in tema pittorico, le Gallerie dell’Accademia affrontano la poetica di Georg Baselitz con un taglio preciso e netto, orchestrando una sinfonia visiva tra le sale che accolgono il focus monografico. Di pittura si parla anche a palazzo Grassi, ospite della poderosa rassegna intitolata a Luc Tuymans e a poca distanza, dall’altra parte del Canal Grande colpisce l’approfondimento dedicato a Pino Pascali e allestito a palazzo Cavanis: un viaggio puntuale fra le istanze poetiche di un artista che tanto ha influenzato le generazioni successive alla propria. Quel gioiello architettonico che è palazzo Grimani, rende omaggio al suo “padrone di casa”, celebrando il ritorno negli ambienti dello storico edificio, dopo 430 anni, della collezione di statue classiche appartenute al Patriarca di Aquileia Giovanni Grimani. Tra le istallazioni più discusse e fotografate c’è anche il” Buiding Bridges” dell’artista Lorenzo Quinn che ha esposto 6 paia di braccia presso il Canal Grande realizzate a Valencia e trasportate per mare fino a Genova e poi a Venezia con 18 camion per 15 metri di altezza e 20 metri di lunghezza. Le mostre (alcune appunto citate) organizzate in numerose sedi della città di Venezia, propongono un’ampia offerta di contributi e partecipazioni che arricchiscono il pluralismo di voci che caratterizza la Biennale. “Il lavoro degli artisti nella Biennale di Venezia animato da curiosità sconfinata e intelligenza di spirito, ci spinge a guardare con sospetto a tutte le categorie, i concetti e le soggettività che sono dati per indiscutibili. Ci invita a considerare alternative e punti di vista sconosciuti e a capire che l’ordine è ormai diventato presenza simultanea di diversi ordini”. Dice Ralph Rugoff. Nel modo in cui è stato interpretato, sviluppato e articolato il tema della mostra, ovvero “May you live in interesting times”, politica, poetica, etica ed estetica convivono in maniera equilibrata, riservando però momenti di (pseudo) ilarità, sorpresa, ironia e riflessione più profonda.