Solo in Italia è pensabile lasciare mirabili opere artistiche e architettoniche all’incuria e nel dimenticatoio.
Una di queste è la Reale Tenuta di Carditello, complesso monumentale sito in provincia di Caserta, in località San Tammaro. Trovare la Reggia, nella disinformazione degli abitanti, nella totale assenza di indicazioni (anche sul navigatore GSP), occultato alla vista ed alla visita dei viandanti, è già un’impresa. Auspicare l’apertura del Palazzo ai turisti e restituire la fruizione del Parco alla cittadinanza è ancora una chimera.
In un ideale percorso tra le Regge dei Borboni nel Regno delle due Sicilie, Carditello è con S. Leucio uno dei poli manifatturieri di eccellenza della monarchia illuminista borbonica. Il complesso fa parte di un gruppo di 23 residenze poste nella Terra del Lavoro, secondo il progetto delle manifatture caroline che, sotto Carlo di Borbone e suo figlio Ferdinando, restituirono prestigio, ripresa economica e sviluppo culturale al regno.
Il nuovo Regno fu concepito secondo una gestione mercantilistica ed illuminista, ove cultura e commercio procedevano alla pari. La città di Napoli, capitale del Regno, fu ridisegnata con importanti interventi urbanistici, fu dato impulso alla produzione industriale dei cantieri navali, a seguito della riorganizzazione della flotta navale e il riassetto dell’esercito, fondando la Reale accademia militare de la Nunziatella, fu dato impulso all’industria siderurgica, le Reali ferrerie, la Real Fabbrica delle Armi a Torre Annunziata, la Real fabbrica degli acciai, e altre mirabili iniziative.
Il re voleva non solo costruire il proprio prestigio, ma anche sviluppare l’artigianato locale e imprimere una svolta sociale ed economica nel Mezzogiorno attraverso la fondazione di nuove manifatture. Ben 9 insediate nel Real Albergo dei Poveri, l’immensa fabbrica fondata da Carlo di Borbone, nel 1748, al fine di accogliere tutti i poveri del Regno e di avviarli ad un mestiere. L’addestramento si svolgeva, in prevalenza, negli opifici industriali ricavati nei sotterranei dell’Albergo. Le donne del reclusorio producevano sete, stoffe e ricami destinati alla Casa Reale e alle dame di corte.
Fu un momento fiorente di scambio culturale ed esperenziale che restituì a Napoli l’antico lustro e impulso a scambi commerciali, nonché centro culturale e politico, al pari delle corti europee. Fu città cosmopolita e capitale di arte, scienza ed economia, tale da incutere rivalse e gelosie tra le corone straniere.
Il nuovo lustro passò per la costruzione di una rete professionale e produttiva di pregio: furono fondate scuole di eccellenza artistica, ancora oggi note.
La lavorazione del corallo a Torre del Greco, le sete di S.Leucio, le porcellane di Capodimonte, le maioliche di Caserta, la fabbrica di vetri e cristalli a Castellammare, la fabbrica degli Arazzi ed il laboratorio di Pietre dure a Napoli, l’arte di intaglio e lavorazione del legno ed ebanisteria, l’arte presepiale, la ceroplastica, argenteria ed oreficeria, sono solo alcuni dei poli manifatturieri istituiti.
A questo lustro seguì la progressiva dispersione da parte dei nuovi regnanti, quei Sabaudi così lontani e così provinciali che dissiparono le eccellenze del Sud a favore di un Nord in via d’espansione, più vicino alle rotte commerciali europee verso cui si stava spostando l’economia.
Negli anni l’incuria, l’indifferenza e l’apatia hanno cancellato la memoria di quei fasti. A noi, viaggiatori di passaggio, non resta che contemplare ciò che sopravvive, cercando di indovinare gli antichi fasti nell’edilizia di urgenza, cercando di immaginare quanto si è perso nelle pagine della Storia.