“La prima volta che mi sono innamorato è stato nel 1512. All’epoca vivevo a Roma e frequentavo la cerchia di Agostino Chigi, l’uomo più ricco del suo tempo. Allora ne ero convinto davvero, che le persone si potessero catalogare più o meno come le opere d’arte: capolavori, esemplari unici, brutte copie, multipli e falsi d’autore. Io sono un collezionista, e se avevo scelto Roma era perché lì c’erano più capolavori che da qualsiasi altra parte.”
Comincia così il libro di Carlo Vanoni, Ho scritto t’amo sulla tela. La storia dell’arte in dodici profili di donna, con il quale l’autore ha voluto descrivere le donne nell’arte, raccontandole in maniera non didascalica e cronologica, ma attraverso il linguaggio dell’amore, con uno stile che combina divulgazione e narrazione. Quello che ci resta dopo averlo letto non è solo il sapere, ma soprattutto il sapore delle opere d’arte, attraverso i profili di 12 figure di donne che hanno avuto la capacità di ammaliare gli uomini. Ciascuna è un incontro, un carattere, una scoperta; messe insieme rappresentano il ritratto di oltre cinque secoli di storia dell’arte.
“La scelta delle donne non è casuale, me ne sono proprio innamorato – racconta l’autore –
Mi hanno incantato la bellezza della gioventù, dell’intelligenza, dell’abbigliamento, del potere. Come non farsi sedurre da Cleopatra? Ma ho amato anche la fragilità dell’artista cubana Ana Mendieta, mentre sono rimasto incatenato al rifiuto della donna in bianco che si aggirava misteriosamente per Londra e affascinato dalla contemporaneità della Venere degli stracci di Pistoletto”.
La storia dell’Arte è come un ingranaggio che segna il tempo ed insegna il contemporaneo: “Gli artisti vivevano il loro tempo e facevano il loro lavoro – spiega Carlo Vanoni – la Venere di Urbino è un po’ come un influencer di oggi. Le opere d’arte nascevano sempre per un motivo, per esigenze concrete, non sono favole”.
L’intento dell’autore è far incuriosire i giovani all’arte, “perché essa si occupa delle cose belle e delle cose brutte, della vita, in buona sostanza. Ed è stata spesso utilizzata come uno strumento politico. Limitare l’arte alla bellezza è come dire ad una donna bella di non parlare, perché conta solo per la sua estetica”.
Sugli artisti contemporanei Carlo Vanoni dice che cercano uno scambio a livello pubblico, per posizionarsi ed avere visibilità nei canali giusti, come mostre, gallerie, mercati e forme d’arte pubblica. A suo avviso, tuttavia, “per assaggiare e gustare l’arte bisogna uscire dalle gallerie, dove la si guarda come si guarda il vino da una bottiglia. Ci sono opere che arrivano in maniera immediata, altre che richiedono più competenza, tempo ed esperienza: come alcuni vini possono essere di facile approccio, mentre altri sono più complessi”.
Raccogliamo, quindi, l’invito dell’autore a lasciarci coinvolgere dall’arte, ammirandola in tutti i luoghi dove si manifesta, con curiosità e cuore aperto.