Il castello di Roccascalegna è indubbiamente una delle tappe più suggestive da fare in Abruzzo. La sua rocca che sembra sospesa tra cielo e terra, si erge su uno sperone di roccia in una scenica cornice naturale che regala un’immagine quasi fiabesca al visitatore. E’ uno dei castelli più belli della regione; esso domina il borgo medievale di Roccascalegna, il vallone del rio Secco e la vallata del Sangro e dalla cima delle sue torri si può godere di una vista spettacolare sulle montagne circostanti. Roccascalegna è un piccolo centro di 1400 abitanti sulle colline che circondano appunto il fiume Sangro in provincia di Chieti. Sull’imponente roccia che domina la valle del rio Secco si intravede già da lontano l’imponente torre di avvistamento del meraviglioso castello. Il piccolo centro abruzzese è stato con ogni probabilità, fondato dai Longobardi, che a partire dal 600 d. c., occuparono stabilmente l’attuale Molise e l’Abruzzo meridionale. Qui vi eressero una torre di avvistamento dove ora si innalza l’imponente castello creato come avamposto durante le lotte con i Bizantini. Secondo altre fonti però il castello vero e proprio probabilmente è di epoca normanna. Del castello non vi è traccia storica fino al 1525; dopo questa data, in alcuni atti notarili, si rileva una descrizione della struttura restaurata della fortezza. Dal 1700 il castello di Roccascalegna ha conosciuto tre secoli di abbandono, nei quali lo stesso è stato preda delle intemperie e dei saccheggi della popolazione locale, sino alla donazione al comune di Roccascalegna, avvenuta nel 1985, da parte dell’ultima famiglia feudataria, quella dei Croce Nanni. Il nome del borgo medievale di Roccascalegna deriverebbe secondo alcuni da “rocca con la scala in legno” in riferimento ad una scala a chiocciola che portava alla rocca; secondo altri avrebbe la sua origine invece in “scarengia” che viene tradotto con sperone, con riferimento appunto alla rocca. Il restauro che ha reso accessibile il castello odiernamente è terminato nel 1996 ed è utilizzato coma spazio espositivo. Gli ambienti delle torri e del magazzino ospitano importanti mostre temporanee, mentre intorno al cortile sono disposti diversi locali, tutti accessibili ai visitatori, come la sala delle Armi, che conserva un lanciafiamme bizantino, o una sala dedicata agli strumenti di tortura, dove sono in mostra alcuni attrezzi anticamente usati per estorcere confessioni. Intorno al castello di Roccascalegna aleggia una leggenda ricca di fascino e mistero, ma dai risvolti un po’ inquietanti e prepotenti. Il protagonista di essa è il Barone Corvo de Corvis che, nel 1646, pare abbia reintrodotto l’editto dello “ius primae noctis”, secondo il quale il signore del feudo in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, pretendeva di trascorrere la prima notte di nozze con la sposa novella. A qualcuno però non è andata giù la questione (un chiaro caso di temperamento abruzzese) e non si sa bene se fu la sposa novella, o se il marito travestito a sua volta da sposa, ad accoltellare il Barone nel talamo nunziale. L’impronta della mano insanguinata del Barone rimase impressa su di una roccia della torre fino al crollo della stessa nel 1940. Benchè si provasse a lavare il sangue dalla roccia, esso continuava a riaffiorare e ci sono tutt’oggi persone che sostengono di aver visto la “mano di sangue” anche dopo il crollo. Il castello di Roccascalegna è talmente scenografico da esser stato scelto come set della fiction TV “Il nome della rosa” del 2019 e così affascinante da aver stupito lo stesso Matteo Garrone, regista de “Il racconto dei racconti”, che lo ha utilizzato come location per il film. Le grosse pietre usate per costruire il castello si fondono con le rocce circostanti, che lo sorreggono. La stessa costruzione sembra un frutto spontaneo del paesaggio, nato da un seme selvaggio. Teatro di grande suggestione, è capace di attirare i visitatori sia da un punto di vista naturalistico e ambientale che architettonico e culturale. Visitare il castello di Roccascalegna è una vera scoperta; la rocca in se costituisce un elemento di inarrivabile preziosità, qui i fusti di ulivo si accompagnano a cespugli di ginepro dai legni asciutti e profumati. Altri dirupi cingono la rocca degradando fino al rio Secco, un torrente sassoso che determina ad ovest il punto più basso della vallata. Un panorama italiano unico nel suo genere.
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di
Arch. Raffaella Ciofani
8 Dicembre 2019