“Champagne di neve” nella stanza buona: è tutta una questione di emozioni

Ormai l’inverno è entrato protagonista nelle nostre case. La voglia di riscaldarsi davanti allo scoppiettare di un camino acceso, mentre dalla finestra cadono morbidi fiocchi di neve bianca, diventa un desiderio avvolgente.

I mesi invernali, sono un invito al rifugiarsi in momenti caldi e rassicuranti. La voglia di avvolgersi in un morbido plaid, davanti ad una cioccolata calda o in compagnia di amici e parenti amanti della buona tavola e del buon vino, diventa quasi un rituale piacevole. Ma come ammorbidire quella sensazione di freddo pungente che penetra gelida nelle ossa? Quale vino scegliere per riscaldarsi e per allietare le serate in compagnia di amici, davanti ad un buon piatto di formaggi stagionati, salumi e una grigliata di carne?

Non ci avevo mai pensato. Dopo tutto, il vino con il cibo non ha niente a che vedere con la temperatura esterna fredda e gelida. Eppure la scelta di un buon vino è consciamente o inconsciamente associato agli stati d’animo, ai sentimenti, al mare, al sole, alla luce e al calore tanto quanto al freddo, alla neve e al ghiaccio.

Una passeggiata lungo strade innevate avvolti nel freddo gelido, un’avventura su alte vette ricoperte di bianca neve, sugli sci o sullo snowboard, o anche solo guardare dietro la finestra un paesaggio ricoperto di neve, influenzano le scelte dei vini più di quanto ci rendiamo conto. In un freddo giorno d’inverno percorriamo sentieri boschivi innevati alla ricerca di una locanda remota calda e accogliente per riscaldarsi e per assaporare gusti e specialità tipici del posto. La scelta di un buon vino diventa doverosa, un rituale meticoloso e saggio. Balza alla mente un primo pensiero: deve essere un vino locale. La selezione non è grande e magari l’unico vino che conosci è un’ottimo Pinot Noir. Un vino eccellente che ben si abbina al cibo che è davanti a te, eppure non ci ispira. Cosa c’è che non va? Fuori: una favola invernale, il paesaggio è incantato, una zona solitaria ai piedi delle montagne bianche, illuminata dalla luce della luna, sopra cristallino e scintillante, il cielo stellato. Nel ristorante, la calda luce del camino fa da protagonista, le voci sembrano attutite dai vestiti che ti proteggono dal freddo, mentre ti lasci avvolgere dal profumo di pietanze tipiche della zona.

In questa atmosfera un Pinot in filigrana non ha alcuna chance. La mente si riempie di colori ma questo non ha niente a che vedere con il calore, misurato in Celsius o Fahrenheit. Quello che travolge sono le percezione i sentimenti, gli stati d’animo. Forse chissà in qualche modo, il vino, gioca un ruolo nel modo in cui ci sentiamo?

Più ci penso e più i miei paragoni diventano audaci ma anche coerenti. La scelta di uno champagne, frizzante, scintillante e vivace ben si adatterebbe all’umore, anche se, in realtà, nessuno ha voglia di una bevanda fresca in una gelida giornata d’inverno. L’idea dello champagne è però ben accolta. Per così dire: ”champagne di neve” nella stanza buona. Poi la scelta diventa più difficile: trovare una controparte all’umore caldo e confortante del vino rosso. Il Pinot è sicuramente la scelta sbagliata. Un esperto di vini suggerirebbe un vino “caldo” e corposo il “Veltliner” (soprattutto Nebbiolo) coltivato immediatamente a sud del cantone Graubunden da Tirano al lago di Como, che ha la reputazione di essere un “vino di montagna”. Meraviglioso da bere in un rifugio di

montagna a due o tremila metri di altitudine, quando ormai il sole si è lasciato avvolgere dalla notte e i venti fischiano intorno al rifugio. Un vino “caldo” che non solo scalda la gola, ma anche il cuore.

E poi, dalla stessa zona, la specialità, lo Sforzato. Ottenuto da uve disposte su una griglia di legno. Un vino ricco e secco con un alto contenuto alcolico. Un vero e proprio “vino d’alta quota”.

Nella mia immaginazione mi siedo sotto abeti coperti di neve, in alto sopra di me montagne nella luce bluastra della luna, circondato di stelle. Lì salgo e mi rifugio in cantina, alla ricerca di una bottiglia di vino tra le più vecchie e polverose e mi convinco: un vino invernale deve essere un vino vecchio, maturo, rotondo, chiarificato, che ha alle spalle le tempeste di una lunga vita vinicola.

Un “vino d’inverno” porta le tracce della primavera, della crescita impetuosa, della maturità. Tuttavia, si è calmato così tanto, è così calmo e in pace con se stesso, che irradia “calore”. Quel calore interiore che si cerca in inverno, quando fuori fa un freddo pungente, e che si può trovare anche nel vino. Possibilmente molto più conciso che nei colori “caldi” o anche nelle bevande calde.

Forse chissà è proprio vero: il calore, non è solo una questione di temperatura, piuttosto una questione di sentirlo e viverlo in armonia con emozioni e sentimenti sublimi, proprio come quel calice di vino che nelle fredde giornate d’inverno ti scaldano il cuore.

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