Da sempre schiacciata tra i due giganti Roma e Napoli, l’antica regione ai loro piedi una volta Campania Regio Prima poi divisa in due: Campania Felix e Lazio e poi Campagna di Roma, prima ancora abitata dalle antiche popolazioni italiche Volsci, Ernici, Osci, Sanniti, Aurunci…, e prima ancora, secondo la leggenda e la poesia, terra del Re Saturno e della sua età dell’oro e delle sue città fortificate sui monti e dopo di lui la terra che ospitò Ulisse e che accolse Enea e la sua gente e nuovamente i Volsci che in quei posti dal mitofurono chiamati Latini, Rutuli e altro. Tutto è nato e evoluto in questa terra, è certamente la regione più antica sia secondo il mito e la poesia e sia secondo la storia: il territorio che si distende fino al fiume Garigliano ed oltre, a partire dalla riva sinistra del Tevere, è la culla della storia d’Italia. E nemmeno nulla si dice dei due giovanotti leggendari figli di qualche contadino o pecoraio volsco che scontenti della loro situazione, decidono di andarsene e realizzare qualcosa di proprio. E così mentre si guardano attorno…. ma diamo la parola ad Anton Giulio Bragaglia: mentre tutto intorno sui Lepini sugli Ernici brillavano al sole le pietre bianche appena tagliate e scalpellate delle mura gigantesche di Cori, di Norma, di Ferentino, di Anagni, di Atina, ai piedi del Palatino e dell’Aventino, dove i due fratelli fonderanno l’alma Roma, il Tevere costituiva un immenso acquitrino frammisto con le Paludi Pontine, da cui si levava solamente il gracidare delle rane e dei rospi e il guizzare delle bisce.
Avventurieri e vagabondi si unirono ai due fratelli e il loro numero crebbe velocemente e cominciarono a guardarsi attorno, come sopravvivere, a spese degli altri. E lo sguardo naturalmente fu verso il sud, perché andare dall’altra parte del Tevere, dove in verità ancora sopravvivevano gli ultimi Etruschi, non era così agevole mancando ponti e vie e perciò subito si misero in marcia su quel solo sentiero disponibile rappresentato dalla futura Via Casilina: un sentiero, una stradina utilizzata da pastori e contadini che a poco a poco si ampliò e consentì anche il movimento dei carri dei ‘Romani’. E iniziarono le baruffe e le violenze ai danni delle pacifiche popolazioni del luogo e nel corso degli anni a venire si trasformarono in veri e propri conflitti armati e la soldataglia ormai cresciuta di numero e organizzata ebbe giuoco facile a sottomettere e ad aggregare tutti i paesetti arroccati sui monti. Queste popolazioni, incruenti e innocue, furono descritte tali anche dagli storici: “più abili a opporsi che a combattere!” E quindi l’opera di sottomissione fu rapida e iniziò anche la vita comune e la collaborazione all’insegna della libertà e del merito.
Roma cresceva e si ampliava e arricchiva e nel Latium Novum, grazie agli influssi e stimoli reciproci, fiorivano personaggi del massimo livello in tutti i contesti a partire già da un vero e proprio artista, personaggi alquanto rari nel mondo romano: alludo a Novio Plauzio sicuramente di Atina, autore delle sculture intorno alla famosa ‘Cista Ficoroni’ visibile al Museo Etrusco di Roma. Grandi uomini quali Marco Tullio Cicerone, Caio Mario, Attilio Regolo, per citarne alcuni a memoria, patrimonio ormai della cultura occidentale, poeti e scrittori quali Decimo Giunio Giovenale da Aquino, Lucio Gallo da Sora, Titinio da Sezze, uomini di guerra quali Caio Ponzio da Atina che fu a capo dei Sanniti alle famose Forche Caudine umiliazione grande di Roma, poi Aulo Irzio da Ferentino, generale di Giulio Cesare e autore anche dell’VIII libro del De Bello Gallico, Marco Vipsanio Agrippa da Arpino, uomo di guerra e anche politico raffinato al quale si deve il Pantheon a Roma e l’acquedotto del Gard in Provenza, poi assieme a Lucio Arrunzio da Atina, a capo della flotta contro Antonio ad Azio che marcò la fine della repubblica e l’inizio dell’impero, con Ottaviano al quale nel 27 a.C. anno discrimine dei due periodi, il suo titolo di ‘augusto’ fu attribuito dal Senato dietro proposta di Lucio Munazio Planco da Atina, al quale si debbono due ulteriori contributi incredibili: fu lui a porre la prima pietra di quella che poi quasi a marce forzate divenne una grande città già in epoca romana: vi fu impiantata la zecca per la monetazione d’argento e d’oro dell’Impero, oggi una metropoli, Lione; a lui si deve anche la posa della prima pietra, e questa volta in Isvizzera, di quella che poi si svilupperà nella ricca e colta Basilea, entrambe le città grate e memori delle loro origini.
Ancora uomini di guerra: Gneo Petreio da Atina che incontriamo affianco a Caio Mario contro i Cimbri e i Teutoni e l’altro Gneo Petreio che anni dopo sconfiggerà Catilina a Pistoia. Ci furono uomini che si occuparono di problemi sociali quali Lucio Appuleio Saturnino da Atina che, sotto il
consolato di Caio Mario, molto si adoperò per una giusta ripartizione dei terreni agricoli e lo stesso il tribuno Marco Plauzio Silvano di Atina che mise ordine con una legge apposita nel conferimento della cittadinanza romana a stranieri e forestieri. Originario di Atina fu Aulo Plauzio che sotto l’imperatore Claudio operò la conquista della Inghilterra di allora nel 43 dopo Cristo, mentre dalla ricca Aquino originava Pescennio Nigro, uomo politico. Tale elencazione è poca cosa rispetto ai fatti. Per secoli l’ampia regione chiamata Lazio fu sussidiaria e tributaria di uomini e vettovaglie, Roma mai ne sminuì o dimenticò il ruolo originario, anche quando padrona del mondo: il suo poeta augusteo, Orazio, scrisse le famose parole che la Grecia conquistata in realtà aveva conquistato il selvatico vincitore, aggiunse altre parole che normalmente vengono ignorate: e introdusse le arti nell’agreste Lazio, a sottolineare e evidenziare la totale e naturale simbiosi e unicità Roma-Lazio e, diremmo oggi, Roma-Ciociaria.
Di conseguenza, ben si comprendono le parole di Libero de Libero: “Ciociaria matrice di Roma”.