Corsi e ricorsi della Santa Sofia bizantina

Prima di giungere alla sua forma odierna la basilica di Santa Sofia a Istanbul ha conosciuto diverse fasi costruttive, e anche una volta assunta la sua forma architettonica definitiva è stata oggetto di continue aggiunte decorative che l’hanno portata dall’oro aniconico ai ritratti imperiali fino agli ornamenti e all’arredo liturgico dell’attuale moschea. Ma ad aver conosciuto enormi cambiamenti non sono state soltanto la veste decorativa e la destinazione religiosa; la storia edilizia di uno dei monumenti più celebri e comprensibilmente ammirati del mondo si presenta come un susseguirsi di avverse fortune alle quali di volta in volta l’ingegno degli architetti ha saputo rispondere, adattarsi e stupire.

Il primo a fondare, ai piedi dell’Acropoli di Costantinopoli, una Santa Sofia (chiesa dedicata alla divina sapienza) fu lo stesso Costantino nel 326, ma la basilica da lui avviata venne completata ed inaugurata da suo figlio Costanzo II nel 360 (23 anni dopo la morte del padre). Già nel 404, però, un incendio la distrusse; Teodosio II nel 415 ne inaugura quindi una seconda, ma anch’essa – sebbene ne rimanga qualche traccia – ebbe vita breve: nel gennaio del 532, infatti, al grido di “nika” (“vinci”) una rivolta contro l’imperatore Giustiniano sobillata dagli aristocratici e volta a mettere a segno un colpo di stato diede alle fiamme gran parte della città, distruggendo anche la seconda Santa Sofia. Resistendo faticosamente alla tentazione di fuggire per mare e compiendo nell’Ippodromo una strage di migliaia di persone da lui considerate colpevoli di tradimento, l’imperatore sopravvive al tentativo di ribellione e per ribadire la sua posizione e celebrare la sua vittoria dà inizio al cantiere che in soli cinque anni dà vita alla terza e ultima – o quasi – Santa Sofia, basilica patriarcale ricoperta d’oro e ricolma di lumi.

Il vasto spazio quadrangolare della chiesa era sormontato da una altrettanto vasta cupola che aveva causato non pochi problemi agli architetti Antemio di Tralles e Isidoro da Mileto; già in fase di costruzione, infatti, i pilastri che avrebbero dovuto sostenerla avevano iniziato ad allontanarsi nella parte più alta: la cupola circolare che avevano progettato era diventata ellittica e risultava molto più pesante di quanto i loro calcoli avessero preventivato.

Ventuno anni dopo un terremoto la fa crollare e Giustiniano corre ai ripari chiamando un nuovo architetto: Isidoro da Mileto il Giovane, nipote dell’Isidoro precedente, è specializzato in architetture militari, perfetto per un edificio che ha la necessità assoluta di essere fortificato. Diminuendo drasticamente il numero di finestre aperte nelle pareti (che ne indebolivano la struttura), inspessendo muri e pilastri, realizzando una cupola più alta e lievemente più stretta (così che il peso cadesse verticalmente e non più verso l’esterno) in appena quattro anni Isidoro il Giovane termina il restauro, e nel 562 la basilica può – nuovamente – essere consacrata e, come testimonia la letteratura coeva, venire celebrata come “una sorta di cielo terreno” che “supera ogni umana conoscenza nella tecnica architettonica”.

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