Palazzo Caffarelli nei Musei Capitolini, esattamente nelle sale al III piano, ospita dal 13 gennaio al 24 settembre 2023, la nuova esposizione: “La Roma della Repubblica. Il Racconto dell’Archeologia”, che descrive mediante vari temi e ambiti archeologici, individuati essenzialmente tramite la bibliografia specialistica e in molteplici casi completamente inediti, i caratteri e le trasformazioni della società romana dagli inizi del V secolo fino alla metà del I secolo.
La rassegna, formata dalle collezioni di proprietà del Comune, custodite nei magazzini e nei musei della Sovrintendenza, fa parte di un programma pluriennale, cominciato nel 2018 con la mostra: “La Roma dei Re” del grande ciclo “Il Racconto dell’Archeologia”.
Il progetto è a cura del sovrintendente di Roma Capitale Claudio Parisi Presicce e di Isabella Damiani, e promosso da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con l’organizzazione Zètema Progetto Cultura.
“La Roma della Repubblica. Il racconto dell’archeologia”, è caratterizzata da circa 1800 reperti, tra cui manufatti in bronzo, limitatamente pietra locale, e raramente marmo, in special modo ceramica.
Componente di elevato impatto è il colore, riportato quale proposta fondata sull’analisi delle terracotte che, un’approfondita operazione di ricomposizione permette di attribuire ad articolati moduli decorativi, i quali in maggioranza sono esibiti per la prima volta.
Una narrazione di cinque secoli, che inizia dall’origine della Repubblica alla realizzazione dell’Impero, opere giunte principalmente dalle casse dell’Antiquarium, ora per la prima volta restaurate ed esposte. Al materiale riguardante le collezioni dell’Antiquarium, si aggiunge una raccolta di pregio di composizioni artistiche ubicate alla Centrale Montemartini, tra cui si evidenziano l’urna in marmo dell’Esquilino, la piccola scultura di capro in bronzo da via Magenta e i resti di affresco dalla cosiddetta Tomba Arieti.
Dal settore museale del Campidoglio, arriva infine una selezione di ritratti di età tardo-repubblicana, in parte mostrati nelle sale dei Musei Capitolini, in parte generalmente custoditi nei magazzini.
“Una esposizione che ha richiesto un investimento significativo di Roma Capitale sia in termini di risorse che in termini di energie”, illustra l’assessore alla cultura Miguel Gotor, “è la seconda tappa di un percorso che vuole raccontare la crescita della città e le sue vicende politico-sociali, utilizzando reperti dalle collezioni di proprietà comunali conservate nei magazzini e nei musei della Sovrintendenza”.
“Molti” continua Claudio Parisi Presicce, “oltre a non essere mai stati esposti sono anche poco studiati. Il nostro percorso è iniziato quando abbiamo cominciato a metter mano alle casse di oggetti che avevano a lungo vagato per la città in cerca di una collocazione, fino ad arrivare al Museo della Civiltà Romana. Sono reperti tutti provenienti da scavi dentro Roma, alcuni emersi alla fine dell’Ottocento altri nella riorganizzazione della città degli anni 20-30”.
Il percorso espositivo, occupa appunto un arco temporale che va dal V secolo a.C. al I secolo a.C., ed è distinto da tre sezioni: “Santuari e palazzi”, “Produzioni e commerci, e “Manifestazioni di identità, prestigio e ascesa sociale”, riportando le trasformazioni della città, sia della sua immagine monumentale, sia delle sue infrastrutture urbane.
L’allestimento è rappresentato da uno sfondo “Blue Klein”, una tonalità più vigorosa del blu oltremare, facendo cogliere al pubblico la bellezza di tale colore, intenso e vibrante; mentre le didascalie semplici rendono la mostra di enorme effetto.
Nella rassegna, un vasto spazio è rivolto al tema della religiosità, descritta in virtù del confronto fra devozione popolare e decorazione templare. La prima si manifesta nei depositi votivi, in cui primaria è l’offerta e il dedicante è ignoto. All’opposto si colloca la religione in qualità di atto e momento pubblico, rappresentato dai templi di Tempio di Giove Ottimo Massimo e dell’area sacra di Largo Argentina.
L’esposizione inizia con uno splendido ritratto di Cicerone, della collezione Albani. Sulla sua destra, è citata la seguente frase dell’oratore: “La res publica è cosa del popolo, e il popolo non è una qualsiasi associazione di uomini, ma un’unione fondata su interessi e diritti comuni”.
All’interno della prima sala, vi è un’intera parete di “ex voto”, ossia numerosissimi reperti in terracotta, ordinati in una griglia a muro, esempio più importante quello dedicato a Minerva Medica sull’Esquilino, con votivi anatomici, antropomorfi e zoomorfi, del IV-I secolo a.C., doni votivi offerti dai fedeli in antichità alle divinità in segno di riconoscenza per le grazie ricevute. Gli ex voto erano basilarmente di due tipologie: “propiziatori” se dedicati nel momento in cui il voto veniva espresso, o “gratulatori, se attestavano il compiuto miracolo. Mostrati per la prima volta ai visitatori, sono anche i resti di un ulteriore deposito votivo, scoperto sempre a fine Ottocento a Campo Verano, e quelli rinvenuti negli anni Trenta del Novecento nel corso dello sbancamento della Velia e presso il mitreo del Circo Massimo.
Sono invece del I secolo a.C.,le frammentarie terracotte architettoniche, ritrovate nell’Ottocento lungo la via Latina, che costituiscono il frontone di un tempio con rappresentazione della Triade Capitolina: Giove, Giunone e Minerva. Grazie a un intervento di restauro integrativo dei frammenti con tecnologie di rilievo 3 D, si può contemplare nella rassegna, un’ipotesi di ricostruzione della Triade, elevatissimo esempio di coroplastica dell’inizio del I secolo a.C..
Sono presenti ancora i resti di 11 figure in terracotta, di grande valore, scoperti nell’Ottocento sempre presso la via Latina.
E di enorme rilevanza per il progetto ricostruttivo con i colori originali, sono anche le lastre di rivestimento di Largo Argentina, databili tra la II metà del IV secolo a.C. e la metà del I secolo a.C..
Vi sono poi frammenti pavimentali a mosaico, i resti delle pavimentazioni del Campidoglio, con disegni geometrici, fasce rettangolari, croci, rombi, compiuti, come era proprio dell’epoca, con tessere bianche o nere o con pietre policrome.
Sempre la prima sezione, è esemplificata dalle testimonianze archeologiche sui sistemi di approvvigionamento idrico, prima della diffusione degli acquedotti, attestato dai moltissimi pozzi scavati ai margini dei colli. In rassegna sono infatti esposte numerosissime brocche, accumulate nei pozzi di Largo Magnanapoli sul Quirinale, rapportabili alla dismissione dei pozzi stessi.
La seconda sezione, è determinata dagli aspetti della produzione artigianale, concetto preferito per l’incremento dei sistemi produttivi. La mostra illustra le fasi di sviluppo dell’artigianato di qualità, che, da forme e tecniche connesse alle tradizioni dell’epoca arcaica, accresce lungo i secoli IV e II con nuove produzioni, le stoviglie, totalmente verniciate, sia in rosso sia in nero, e il vasellame decorato a figure rosse.
La tecnica dello stampo ha una parte fondamentale nelle produzioni di peculiari oggetti, come i votivi anatomici, ed è riconoscibile nelle produzioni dei piccoli altari, arule, che assumono molta importanza nell’età medio-repubblicana e nelle matrici di terracotta poste in esposizione.
Infine, nella terza sezione, molteplici sono gli oggetti e i simboli tramite cui alcune categorie sociali volevano esprimere l’alto status acquisito o evidenziare l’antica appartenenza. L’autocertificazione dell’aristocrazia e delle famiglie emergenti trova un rilevante luogo di espressione, nel periodo dell’età repubblicana, nei monumenti funerari situati lungo le vie dell’Urbe.
Le decorazioni ad affresco della Tomba Arieti all’Esquilino, con scene riferite al combattimento e al trionfo, i gruppi scultorei in pietra di Campo Verano, probabilmente concernenti a un monumento commemorativo, l’urna in marmo greco sempre dall’Esquilino, rappresentano prova del rango dei defunti cui erano pertinenti.
Si aspetta, come per il ciclo “Roma dei Re” il catalogo.