Dal 14 gennaio al 12 febbraio, la Galleria Borghini di Arte Contemporanea ospita l’esposizione “Dentro fuori”, e attraverso le opere di Silvia Scaringella e Pietro Mancini, i protagonisti di questa bipersonale, il suo spazio si tramuta in un ambiente di riflessione e di profonde suggestioni emozionali.
Silvia Scaringella è una scultrice che modella la materia per creare sciami di piccole api, celebrando la loro operosità attraverso il suo stesso atto artistico. Ad evidenziare la realtà sono le ombre dei suoi minuscoli insetti, non la luce, figure sospese in un istante infinito. Sopra vetri riflettenti, sono idealmente in movimento, vetri in cui ci si può specchiare e reinterpretare il mondo che ci circonda, il quale tuttavia, appare trasformato a causa delle fratture del materiale: fenditure da cui le api tentano di fuggire, come l’uomo insegue in modo continuo la sua libertà e cerca di trovare in se stesso uno spazio al di fuori della realtà intorno a lui.
Silvia Scaringella realizza i suoi sciami secondo il modello della tradizione “serpottiana”, degli stuccatori di Palermo. Un impasto di gesso e calce che plasmato guarnisce gli oratori, dai componenti architettonici alle statue e teatrini con grandezza scenica di rilevante preziosità descrittiva. Composizioni mistiche come ideazione e carnali per entità. Bianco “allustrato” con una patina formata da cera, idrossido di calcio e polvere di marmo di Carrara, levigata con panni di lino e spatole calde che determinano luminosità; hanno origine, i lavori di Silvia, infatti dal gesso, polvere di alabastro e appunto dalla polvere del marmo di Carrara.
In essi, la scultura di scompone in parti individuali ma permane sempre la visione d’insieme, il suo essere monolite si trasforma in propagazione di energia, un campo magnetico avvolgente concepito soltanto in virtù del singolo inevitabilmente in corrispondenza con l’altro. Uno sciame di uomini che produce una vibrazione universale, da una meccanica quantistica a un campo di forze, dove ogni ente è agente, solo se contemplato in rapporto. Il sentimento relazionale che si manifesta è un sentimento di salvaguardia, considerare l’altro e identificarsi come una piccola parte di un insieme di interdipendenza mutualistica e commensalistica. I simbionti di queste sculture, le api nello sciame, sono legate l’una all’altra per la loro sopravvivenza, una organizzazione strutturata che sviluppa la colonia anche in rapporto all’ambiente, alle condizioni climatiche, allo sviluppo della produzione agricola e all’ubicazione dell’alveare.
“Un lavoro sulle moltitudini, sulla folla sullo sciame contemporaneo che vaga alla ricerca di un luogo affettivo. Quello sciame rumoroso – fastidioso di una vita cittadina che si snoda frenetico fra i non luoghi sconosciuti nell’animo naturale, entrando ed uscendo traversando, lasciando le orme di un tossico passaggio. Le api, società impollinatrice, che cerca un riscatto metaforico con la nostra ormai ufficiale umanità. Porto le due società in paragone, generando una collisione, un collasso riflessivo sulla umana direzione. Uno sciame di delicati teneri insetti, elaborati in finissima pietra d’alabastro, che si dirigono verso il buio di un buco nero, quel non territorio della non esistenza in cui li stiamo trascinando. Suona l’ultimo ronzio di un’ape ai confini del nostro umano artificiale universo. Questi insetti, che hanno il ruolo di equilibratori dell’ecosistema, non sono più contemplati nel suo paesaggio della costruttività umana, relegati dal nostro avanzare ad una futura sicura estinzione. Un’estinzione forzata e promossa dall’umana artificialità che avanza, togliendo luoghi e sostituendo non luoghi, i non luoghi, quei buchi neri quei non territori che risucchiano e tramutano, ingoiano persone, quell’incognito buco nero in cui il nostro universo si è formato e in cui ci stiamo destinando il ritorno. Albert Einstein: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Illustra il marchese ed esperto d’arte Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona
I vetri, adoperati nelle composizioni degli “Sciami, sono molto riflettenti e sono montati in maniera che la realtà circostante vi si specchi e sia alterata nelle parti di rottura del vetro dove è riflessa, grande limite, in cui le api si posano agognando ad una via di uscita. Lo sciame di api va sul contorno frantumato del vetro, rappresentando l’idioma di una collettività che cerca la libertà, il silenzio, di uno spazio indefinito di sopravvivenza. Un’ape di marmo di Carrara è un monumento funebre di un intero, risulta un dono della miriade di api che aleggiano nel caos di un universo, condizionato da ricorrenti destabilizzazioni ambientali, sociali, interculturali, geopolitiche ed economiche.
La serie dei lavori “Sciami”, 2015, è prodotta in Giappone a Shibuja, una delle più grandi città della Nazione, in cui la scultrice Silvia Scaringella risiede nel 2013, a causa di una residenza artistica di un anno. Nell’osservare l’hinterland della metropoli, Silvia determina il suo modo di lavorare attraverso il legame tra visione e percezione del vissuto. A tal punto, pertanto, che gli sciami cercano di dare forma a quel rumore che ogni individuo crea nel muoversi con il corpo o attraverso i suoi pensieri, i quali si manifestano in azioni e reazioni di ogni giorno.
“Silvia Scaringella vive in sé quella esperienza di condivisione tra arte e scienza che ha assimilato sin dai suoi esordi probabilmente guardando con appassionato acume certi suoi grandi predecessori come Cornelis Escher e, più direttamente a lei vicino, Renato Mambor, da cui ha dedotto un afflato creativo attraverso il quale rielabora, ripropone e radicalmente trasforma un tema ormai profondamente sedimentato nelle nostre coscienze, quello della donna artista che predilige in modo assoluto la plasmazione della materia secondo uno spirito di vera e propria capacità e volontà generatrice. Uno spirito che ancestralmente non può essere pensato come peculiarità assoluta femminile. I suoi sciami tumultuanti e pietrificati (in particolare quello bellissimo delle api) sono un segnale di energia e movimento che si espande quasi si autogenerasse. Installazioni viventi e nel contempo altamente concettualizzate. Un messaggio che se ha in sé in modo evidente una universale portata, ha nel contempo una peculiarità femminile, esplicita e consapevole, che sembra destinata a conseguenze rimarchevoli nel cammino dell’arte del nostro tempo in un superamento di barriere, proprio grazie al lavoro di artiste come la Scaringella, ormai non esistono più”. Asserisce lo storico dell’arte Claudio Strinati
E l’ape è permanentemente contraddistinta dal più grande e arcano enigma; agli occhi del mondo antico era una messaggera che si muoveva mediante i percorsi della luce trasportando i messaggi che gli uomini inviavano agli Dei. Nell’antico Egitto la simbologia riferita alla luce e al colore dorato del miele, rappresentò l’ape come un insetto solare, generato dalle lacrime del Dio Sole “Ra”; nel momento in cui le sue lacrime scesero a terra , furono tramutate in api che realizzarono arnie e produssero miele. Gli antichi Babilonesi, 1600 a.C. circa, adoravano il dio Mithra che era identificato attraverso un leone che aveva fra le sue fauci un’ape. Nel Cristianesimo, le api erano un emblema di Cristo, mediante il loro miele e pungiglione esprimevano la sua indulgenza e giustizia. L’alveare si tradusse in idioma cristiano della vita pudica, misericordiosa e morigerata dagli ordini monastici. In Grecia, il medesimo Zeus, sarebbe stato alimentato dalle api, o più precisamente nutrito solamente di miele tramite sua madre Melissa. Il nome Melissa, viene dal greco meli: “miele” e indica letteralmente “colei che è datrice di miele”. Nell’arte Indù, Vishnu viene anche raffigurato attraverso un’ape posta sopra un loto e Shiva come un’ape su un triangolo. Inoltre l’ape domestica è insita in svariate composizioni artistiche riguardanti molteplici santi: Ambrogio e Giuseppe a Sant’Apollinare, San Giobbe, Santa Rita da Cascia, San Bernardo di Chiaravalle ecc. In relazione ai numerosi casi, spesso le api sono rappresentate non soltanto per il loro significato simbolico, ma poiché sono riferite a particolari avvenimenti miracolosi, relativi ai suddetti santi sopraindicati. Gli antichi, vedevano inoltre le api come esempio di società solidale e strutturata. Dalla comunità delle api, era affascinato Virgilio, il quale nel libro delle Georgiche, espone in modo molto particolareggiato la respublica delle api, e anche Cicerone
si era accorto (De re publica I, 39), che nella sfera delle api la respublica muta in res populi, cioè una società dove il popolo è legato da un fine collettivo.
Silvia Scaringella, nata a Roma nel 1986, si diploma in scultura all’Accademia Belle Arti di Carrara e collabora con vari atelier tecnici e artistici, fra cui quello di Renato Mambor. Esperienza basilare del suo linguaggio e pensiero la borsa di studio presso Iwate University, in Giappone, dove si trasferisce nel 2014. Prende parte a simposi di pietra nazionali ed internazionali, collocando tre opere pubbliche: Palombara Sabina (RM), Marika (JP), Saravezza (LU). Attua importanti mostre: Istituto cultura Ichinoseki e Iwate university, Japan; Collaterale Manifesta 12 presso Palazzo Oneto di Sperlinga a Palermo. “ARTEPORTO”, area archeologica dei porti imperiali di Claudio e Traiano, Fiumicino (RM) a cura di Sandro Polo, galleria curva pura, 2019; “WIP”, esposizione collettiva, Museo – Centro arti plastiche di Carrara curata dall’associazione Oltre e UNESCO; “250 anni Accademia Belle Arti di Carrara” a Palazzo Binelli, Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, 2020. Opera propria in collezione al Museo Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, Rende (CS), 2021; “Senza Titolo”, mostra personale nel Museo Belmonte Riso a Palermo nella Sala Kounellis curata da Andrea Guastella e molte altre. Nel 2019 vince il concorso “Leonardo e il Volo”creando una scultura permanente per l’aeroporto di Roma Fiumicino. Fra le composizioni più rilevanti odierne ricordiamo ancora: la scultura pubblica presso la città di Tsingtao in Cina,2020, l’opera pubblica posta presso il Circolo del Ministero Affari Esteri di Roma, 2021, il progetto in Sicilia di un lavoro monumentale presso la Fondazione Fiumara d’Arte, nella valle dell’Etna a Catania, che sarà realizzata entro il 2023.
Nei lavori di Pietro Mancini è la luce, in verità, che tenta di trovare una via di uscita mediante la base in alluminio traforato: è il fulgore nascosto interno del genere umano che determina una costante analisi per scoprire il messaggio celato dietro la forma e la materia. Come nella passata memoria delle immagini sacre, i protagonisti ritratti sono ideali, atemporali e rappresentati allegoricamente da croci, mandala ed entità mistiche: si deve infatti eseguire una meditazione personale sul tema del divino nel suo significato più primordiale e veritiero.
“Tutto diviene attesa, respiro, ascolto per sintonizzare ancora una volta le proprie frequenze su onde individuali o comuni, per ristabilire un contatto col mondo che ci appartiene e di cui facciamo parte, in perpetua trazione verso ciò che ci sfugge”. Scrive Laura Luppi
Con la serie di composizioni Al-lumini, l’obiettivo si evidenzia essenzialmente inquadrato in virtù dell’atmosfera che ha origine dalla retroilluminazione del supporto, appunto di alluminio traforato. Perciò il richiamo delle antiche immagini sacre e degli ambienti della religione cristiana si percepisce in modo profondo specialmente nel luogo espositivo. Sia per la composizione delle rappresentazioni che per gli idiomi al suo interno, infatti con i ritratti fotografici sottovetro ritraenti visi di giovani protagonisti, l’effetto emotivamente è veramente molto forte.
Pietro Mancini nasce a Tropea e vive a Pomezia (RM). Lavora nei Dipartimenti di Salute Mentale, in cui organizza laboratori ricreativi diretti agli utenti delle strutture. Artista “onnivoro”, si avvale delle tecnologie applicate alla fotografia e all’arte scultorea. Fra le esposizioni, i premi e i lavori più rilevanti attuali citiamo: la partecipazione nel 2017 al Festival della luce a Pomezia dove presenta Al-lumini, lightbox creati con alluminio traforato e retro-illuminato dove vengono immessi volti scultorei o di ragazzi raffigurati dall’artista. Nel 2018 la Galleria Gilda Contemporary art di Milano realizza la mostra sua personale Sincopi e Contrattempi, nel 2019 espone al Museo MACRO di Roma con l’istallazione “Compiti su Casa”, un progetto che ha il fine di coinvolgere lo spettatore e renderlo partecipe alla costituzione della stessa
istallazione. Nel 2020 è finalista nella sezione fotografia Premio Combat Prize. Nel 2021 crea il progetto Edicole nel Museo MAAM, curata da Giorgio de Finis.
Ombra e luce modificano il luogo di esposizione della Galleria Borghini in uno spazio di riflessione interiore: l’individuo insegue la sua libertà e cerca di costruire nel suo interno una realtà che contemporaneamente sia esterna al suo mondo.
“Un messaggio che ha in sé evidente una universale portata, ha nel contempo una peculiarità femminile, esplicita e consapevole, che sembra destinata a conseguenze rimarchevoli nel cammino dell’arte del nostro tempo in un superamento di barriere, proprio grazie al lavoro di artiste come la Scaringella”. Claudio Strinati