In relazione alle attività di valorizzazione del patrimonio culturale promosse dal Parco archeologico del Colosseo, sono stati resi fruibili i depositi sulla via Nova, in virtù del progetto “Depositi in mostra”.
La creazione del nuovo Museo del Foro, allestito al piano terra del chiostro di Santa Maria Nova, attraverso un percorso espositivo che esalta in special modo gli ambiti scavati dall’archeologo e architetto Giacomo Boni, agli inizi del Novecento, ha causato l’immagazzinamento di molteplici reperti e oggetti propri della collezione storica dell’antico Antiquario, della prima metà del Novecento e ampliato da Alfonso Bartoli e Pietro Romanelli.
Il primo Antiquarium del Foro è stato istituito da Giacomo Boni, nel 1908, negli ambienti del convento di Santa Francesca Romana, Santa Maria Nova, edificazione commissionata da Alessandro VI, tra il 1492 ed il 1503, con il fine di mostrare al pubblico i risultati delle ricerche conseguite in quegli anni nell’area del Foro Romano.
Spiega Alfonsina Russo, Direttrice del Parco archeologico del Colosseo: “abbiamo fortemente voluto lanciare questo programma nella convinzione che l’inestimabile ricchezza di beni culturali presenti nel Parco archeologico del Colosseo debba essere condivisa quanto più possibile. Non volevamo lasciare invisibili reperti di grande valore e per questo abbiamo ideato un nuovo allestimento e aperto al pubblico dei luoghi prima inaccessibili. La nostra missione è tutelare e valorizzare questo immenso patrimonio e lo facciamo incessantemente, consapevoli dell’alto valore storico, culturale e identitario che appartiene a tutti e di cui noi siamo custodi temporanei a beneficio delle prossime generazioni”.
Per evidenziare tale patrimonio artistico e renderlo appunto visitabile, è stata attuata una riqualificazione e un ripristino delle tabernae che sono ubicate sul percorso della via Nova, appartenenti alla Domus Tiberiana, ed è stato realizzato un progetto di allestimento dei manufatti, impostato su un criterio tematico e cronologico cercando di riprodurre i contesti.
Le tabernae facevano parte di un’insula, e le insulae, nell’antichità, erano degli edifici sconnessi con un’altezza di oltre venti metri e una base intorno ai 300 metri quadrati. Di forma quadrangolare, aventi un cortile interno, erano determinati in genere da una struttura in legno e qualche volta in muratura.
L’insula citata, era appunto all’interno della Domus Tiberiana, che fu il primo reale palazzo imperiale sul Palatino, costruito dall’imperatore Tiberio sul lato occidentale della collina, su un’ampia superficie tra il Tempio della Magna Mater e le pendici del Foro Romano. Su di esso si svilupparono i cinquecenteschi Orti Farnesiani e al momento è stato scavato solamente nelle zone marginali del perimetro, mentre il nucleo centrale, interessato soltanto da saggi nella metà del XIX, è ancora completamente sconosciuto. Probabilmente Tiberio preferì come sito quello in cui si trovava la sua abitazione di origine, che era sul colle. La fase iniziale del complesso doveva essere limitata alla parte attuale degli odierni giardini, mentre Caligola lo ingrandì verso il Foro e Domiziano lo fece restaurare. In tale ripristino, fu realizzato il maestoso ingresso sul Foro in cui vi doveva anche essere la sede della guardia pretoriana; qui poi venne edificata la chiesa di Santa Maria Antiqua.
La via Nova era così denominata per differenziarla dalla via Sacra, la seconda delle due strade di Roma che prima dell’età imperiale erano già note come “viae” (vie), e ritenute molto antiche.
Scrive Varrone: “Quod vocabulum ei pervetustum ut novae viae quae via iam diu vetus”.
La via Nova era in antitesi con la più antica Sacra via; quasi parallela a quest’ultima, in età repubblicana la via Nova seguiva l’andamento delle pendici del colle Palatino mentre in età imperiale, attraversava in modo rettilineo la pendice nord occidentale del Palatino, procedendo a monte della struttura della Casa delle Vestali.
Gli spazi delle tre tabernae, costituiscono tre momenti caratteristici della storia dell’Urbe, ospitando significativi manufatti di vita quotidiana, vasellame, monete, oggetti di decoro, tombe appartenenti al Foro Romano, che non sono nell’allestimento del Museo, inaugurato nel 2021.
La prima taberna accoglie reperti di età protostorica. Sono presenti gli scheletri integri delle sepolture inerenti ad una fase antecedente alla fondazione di Roma, X secolo, e ai Re di Roma provenienti dalle necropoli dei villaggi delle zone limitrofe. Scoperti dal celebre archeologo e architetto Giacomo Boni, tra il 1902-1905, sono allestiti dentro tavoli protetti da vetrine.
Nella seconda taberna, vi sono manufatti del periodo repubblicano e imperiale, IV secolo e II secolo a.C., alcune anfore, terrecotte colorate della Basilica Iulia, un insieme di pesi che quasi certamente servivano per chiudere i pozzi, molti vasi miniaturistici, e molto altro ancora.
L’ultima e terza taberna, con oggetti dal Tardo Impero al Medioevo, ha all’interno manufatti provenienti dalla Fonte di Giuturna, delle ceramiche, tre modellini di fontana di epoca romana in marmo, e alcune vetrine contenenti i materiali giunti dalla Basilica Emilia, esattamente le monete fuse insieme durante un incendio per il Sacco di Roma eseguito da Alarico nel 410 d.C.. Ancora mostrati lingotti di piombo e manufatti di ferro, oggetti da camino, serramenti delle porte.
Il progetto “Depositi in mostra”, contempla ogni venerdì del mese visite guidate da parte del personale interno del PArCo, nei depositi creati nelle tre tabernae, così da far risultare visitabili i reperti custoditi.
Le visite guidate, proseguiranno al Museo del Foro Romano, ogni venerdì sono disponibili tre turni di visita: 15,30; 16,30; 17,30; fino ad esaurimento posti, 8 posti per turno, per una durata di un’ora e mezza circa. L’accesso è libero, previo acquisto di uno dei biglietti di ingresso al Parco archeologico del Colosseo e per i possessori della Membership Card.