“La scatola archeologica è una sorta di Wunderkammer, una stanza delle meraviglie, nella quale vengono valorizzate e presentate al pubblico le testimonianze eccezionali dell’antica Roma emerse alle pendici dell’Aventino. Una specie di “casa – museo”, un condominio in cui tutti i cittadini possono entrare per visitare uno scavo archeologico”spiega la Soprintendente Daniela Porro. La scatola archeologica della Domus Aventino è un progetto della Soprintendenza Speciale di Roma e BNP Paribas Real Estate Italy in grado di unire archeologia architettura e tecnologia con un metodo innovativo. Un museo archeologico sotto casa, all’interno di un condominio.
“Si trovano a Roma vestigia di una magnificenza e uno sfacelo tali che superano l’una e l’altra la nostra immaginazione”.
Scriveva Goethe dopo uno dei suoi viaggi nella città eterna. Solo a Roma si può infatti concepire un edificio con una domus romana nel garage condominiale, i resti del passato incorporati in stazioni metro, uffici e ora in moderni condomini. Pensiamo infatti alla stazione San Giovanni della metropolitana di Roma in cui è stata creata una delle famose “stazioni – museo”, dove i visitatori possono scendere per visitare i reperti antichi rinvenuti. A quasi venti anni dall’apertura del Mitreo di Santa Prisca all’Aventino, si è inaugurata questa nuova area archeologica, sfruttando pienamente gli scavi realizzati per il nuovo sviluppo residenziale, 165 appartamenti, nato dal recupero architettonico di un insieme di tre edifici, in passato sede della Banca Nazionale del Lavoro in Piazza Albania a Roma. La BNP in anni precedenti, acquistò da BNL, un grande palazzo del 1952 per modificarlo in abitazione; lo Studio di architetti Tamburini di Roma e lo Studio dell’interior Marco Piva di Milano realizzarono il complesso residenziale di 18000 metri quadrati. Nel 2014 con gli scavi di archeologia preventiva compiuti per il consolidamento sismico dell’edificio che si erge alle spalle delle antiche Mura Serviane di Roma, emerse un contesto archeologico sorprendente.
Tra i plinti in cemento armato del vecchio complesso sono state riportate in luce le rilevanti testimonianze di un paesaggio urbano del passato, che và dall’ VIII secolo a. c. , epoca della fondazione di Roma, fino al VI secolo d. c.. Dallo scavo sono comparsi mosaici, strutture e materiali unici, dai primi terrazzamenti nel banco di tufo dell’Aventino ad una torre di guardia realizzata tra il VI e il II secolo a. c. fino a una maestosa residenza, che dall’età tardo repubblicana a quella medio imperiale fu sottoposta a ricorrenti trasformazioni. Dallo studio infatti dei materiali degli strati sottostanti dei pavimenti, sei i livelli pavimentali sovrapposti nell’arco di due secoli, va dato rilievo che, ogni trent’anni all’incirca a ogni cambio di generazione, si realizzava un rinnovamento strutturale degli ambienti, seguendo la moda dei tempi e modificando la residenza alle nuove esigenze. La fase più antica della fine del I secolo a. c. è rappresentata da un mosaico in tessere bianche e nere a esagoni e da un piano cementizio bianco punteggiato da dadi neri. Seguono due pavimenti in cementizio datati alla seconda metà del I secolo d. c. e agli inizi del secolo seguente. Inconsueto il lacerto musivo con iscrizione degli anni del regno dell’imperatore Traiano (98 – 117 d. c.) e conservato in frammenti a causa del riutilizzo delle tessere, reimpiegate nelle variazioni seguenti. La fase dell’età adrianea (117 – 138 d. c.) custodisce quattro pavimenti in tessere bianche e nere, intrecciate tra loro nei colori contrastanti creando con stupefacente effetto ottico, raffinate decorazioni geometriche. I cinque rivestimenti musivi di età antonina (150 – 175 d. c.), scoperti per primi sono quelli maggiormente significativi dello straordinario contesto. Per la grande superficie e la bella policromia del repertorio iconografico dei tappeti si suppone una committenza ad alto livello, quasi certamente incline al commercio, considerata la vicinanza con l’Emporium tiberino. Inoltre all’interno dei terrapieni sono stati ritrovati moltissimi frammenti di vasellame, oggetti quotidiani e manufatti.
Rinunciando in questo modo ad un limitato numero di box auto, nel piano interrato del condominio è stata scelta un’area centrale “da svuotare”, in cui come un insolito puzzle sono stati ricollocate le opere murarie e i mosaici di età antonina e adrianea, nello stesso modo come furono rinvenuti al momento del ritrovamento, secondo una ricostruzione filologica che ne ha rispettato deformazioni, orientamento e successione stratigrafica. Lo scrupoloso ripristino dell’area archeologica è stato realizzato da Enrico Montanelli e Mario Signorelli, con il coordinamento di Alessandro Lugari, restauratore della Soprintendenza.
I condomini dei nuovi appartamenti avranno la responsabilità di custodire, conservare e rendere visitabile l’area archeologica: innovazione importante del progetto. L’amministrazione del sito si effettuerà con la collaborazione della Soprintendenza Speciale di Roma, che continuerà a svolgere i suoi compiti di vigilanza e tutela, nonché attraverso convenzioni con associazioni di esperti e guide archeologiche. L’area sarà infatti aperta al pubblico due volte al mese con accessi prenotabili online appena l’odierna emergenza sanitaria nazionale lo permetterà con visite guidate gestite da una cooperativa che si assumerà l’onere anche delle prenotazioni e del ticketing. Sono anche in pubblicazione due volumi sugli scavi.
Attraverso un viaggio nella storia di Roma si è accompagnati dalle ricostruzioni multimediali e le proiezioni in video mapping di Paco Lanciano con la voce narrante di Piero Angela, alla scoperta di quello che il famoso divulgatore italiano precisa “l’archeologia delle persone, per scoprire usi, costumi e mode di chi ha calpestato questo luogo prima di noi”.
L’amministratore delegato di BNP Paribas Real Estate Italy, Piero Cocco – Ordini spiega “è una sfida che abbiamo vinto tutti quanti riuscendo a coniugare gli interessi imprenditoriali con il desiderio di restituire al mondo uno scrigno nascosto, testimone millenario del nostro passato”. “Un caso esemplare di virtuosismo tra pubblico e privato “grazie al quale si è riusciti a “trasformare un problema in un’opportunità”. Un costo importante per la creazione del polo museale, oltre 3 milioni di euro che senza la partecipazione di BNP Paribas Real Estate non si sarebbe mai potuto realizzare, la Soprintendenza infatti non avrebbe mai avuto i sovvenzionamenti necessari. Un’importante collaborazione tra pubblico e privato, esempio di successo anche il ripristino di parte delle Terme di Caracalla, avvenuto con i finanziamenti della maison Bulgari, ciò anche nell’area di Malafede, in cui durante l’edificazione di un complesso residenziale fra la via Ostiense e la ferrovia Roma – Ostia, è venuto alla luce un contesto archeologico considerevole che va dal VIII secolo a. c. ai primi secoli d. c.. La Basilica sotterranea di Porta Maggiore è stata restaurata con i fondi privati della Foundation Evérgete e del World Monuments Fund mentre sotto l’edificio della Rinascente in via del Tritone, sempre nella capitale, rinvenuti durante la ristrutturazione, diverse arcate dell’acquedotto dell’Aqua Virgo, oltre a insulae e tabernae. Ancora l’operazione di ripristino delle grandi tele, provenienti da San Pietro, della chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma. Ulteriore collaborazione proficua è la mostra dei “Marmi Torlonia”, tra Fondazione Torlonia, Comune di Roma e MiBACT, i pezzi sono stati restaurati sempre dalla maison Bulgari.
La Domus Aventino, scatola archeologica ricca di arte e bellezza, restituisce alla collettività un meraviglioso viaggio nella storia della città, un viaggio attraverso un contesto archeologico straordinario.