Le tragedie possono talvolta regalare l’immortalità. Due città del mondo antico distrutte dalla furia dei vulcani, due catastrofi distanti quasi due millenni sono oggi riunite grazie all’affascinante mostra proposta dalle Scuderie del Quirinale di Roma: “Pompei e Santorini. L’eternità in un giorno”. In programma dall’11 ottobre fino al 6 gennaio 2020, l’esposizione, mette a confronto due città che sono andate incontro ad un’identica fine, la romana Pompei e la minoica Akrotiri, nell’isola di Santorini, sepolte per sempre da due apocalittici fenomeni eruttivi e riscoperte secoli e secoli dopo, quando il mondo era completamente cambiato. Siti archeologici in grado di tramandare reperti unici e testimonianze incredibili della vita quotidiana che hanno permesso di resuscitare civiltà del passato, rivoluzionando il modo di intendere l’archeologia. La mostra, che può vantare oltre 300 oggetti esposti, è curata da Massimo Osanna, direttore del Parco archeologico di Pompei e da Demetrios Athanasoulis, direttore dell’Eforia delle Antichità delle Cicladi.
“Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato altrettanta gioia alla posterità”, così ad inizio Ottocento il tedesco Johann Wolfgang von Goethe nel suo “Viaggio in Italia” descriveva il fascino senza tempo delle rovine di Pompei, un’immensa quantità di reperti arrivati fino a noi grazie alla furia del Vesuvio nel 79 d.C. Tra oggetti di uso comune come pentole e gioielli, e grandi affreschi, il percorso espositivo mette in luce magnifici reperti provenienti dalla città campana, accostandoli a reinterpretazioni artistiche moderne. Da Edouard Sain a William Turner, molti artisti sono stati colpiti dal fascino sublime del vulcano. “Il Vesuvio per me è molto più grande di un mito: è una cosa terribilmente reale”, scrisse Andy Warhol, che realizzò nel 1985 “Vesuvius” un ritratto “pop” del temibile vulcano campano.
La mostra esamina così l’impatto che ha avuto in Occidente la riscoperta dell’antica Pompei, iniziata nel 1748 sotto Carlo III di Spagna: un avvenimento nodale per la storia dell’archeologia moderna, che ha permesso di studiare la vita quotidiana dell’antichità come mai prima, ed ha aperto la strada a nuove riflessioni artistiche e intellettuali sul tema della tragedia naturale.
In epoca molto più recente invece si inserisce la riscoperta delle rovine di Akrotiri, iniziata nel 1967 sotto metri di detriti vulcanici grazie agli scavi voluti dall’archeologo greco Spyridōn Marinatos. Nel 1613 a.C. la minoica Akrotiri, importante città portuale dell’isola di Thera, oggi conosciuta come Santorini, è sepolta da una violenza eruzione e devastata da forti scosse. Si tratta di uno dei terremoti più importanti del mondo antico, in grado di provocare distruzione anche a Creta, far parlare di sé fino in Egitto e dare origine a leggende. Forse il mito di Atlantide si deve proprio a questo tremendo fatto naturale che colpì il mar Egeo.
Anche questa tragedia ha permesso la conservazione di reperti unici. Catturano lo sguardo, nel secondo piano dell’esposizione, i colori dell’affresco dei giovani pescatori, un vero capolavoro dell’antichità, lucerne decorate, oltre a diversi utensili perfettamente conservati. Grazie a “Pompei e Santorini. L’eternità in un giorno”, per la prima volta due grandi civiltà stroncate dalla furia della natura hanno l’opportunità di dialogare tra loro, regalando un viaggio unico a cavallo tra antica Roma e cultura minoica.