“Presentare la propria opera nella sede dell’Accademia Nazionale di San Luca, a Palazzo Carpegna, richiede un grande pudore oltre a una duplice consapevolezza”, spiega l’architetto Renato Rizzi, continuando: “Quella derivante dal suo prestigio accumulato nei secoli rispetto all’attuale dissoluzione culturale del nostro tempo. L’architettura si trova appunto schiacciata tra questi due potenti magneti. Tra storia e presente. Tra rispetto e rischio. Questo l’orizzonte all’interno del quale si colloca la mostra, dal titolo “eden-eden”. Renato Rizzi”.
Renato Rizzi è professore associato di Composizione architettonica e urbana al Dipartimento di Culture del progetto allo IUAV di Venezia in cui si è laureato nel 1977. Collaboratore per più di dieci anni di Peter Eisenman a New York, è un teorico della progettazione, e autore di tanti saggi anche di tipo filosofico. Nel 1992 gli è stato conferito il premio nazionale In/Arch e nel 2003, gli è stata data la menzione d’onore per la Medaglia d’Oro dell’Architettura Italiana. Sempre nello stesso anno arrivò terzo al concorso per la progettazione del Grand Egyptian Museum al Cairo. L’architetto ha costantemente creduto e investito nella bellezza. Casa Depero infatti è rifiorita, mentre il restauro della Casa Museo Depero, nel 2009, ha vinto la Medaglia d’oro all’Architettura Italiana della Triennale di Milano. Oltre all’esercizio di progettista e di insegnamento, svolge un incisivo esercizio di ricerca. Ha mostrato le proprie opere alla Biennale di Architettura di Venezia nel 1984, 1985, 1996, 2002, 2010. E’ direttore dal 2009 della collana ”Estetica e Architettura” per Mimesis Edizioni. Oggi si sta dedicando all’attuazione del concorso vinto per il Teatro Elisabettiano a Danzica, inaugurato nel settembre 2014.
Per l’assegnazione del prestigioso Premio Presidente della Repubblica 2017 per l’Architettura dato a Renato Rizzi, l’Accademia Nazionale di San Luca, ospita appunto fino al 3 marzo 2023 nelle sale espositive al piano terra di Palazzo Carpegna, la mostra “eden-eden. Renato Rizzi”. Tale insigne premio istituzionale italiano corrisponde ad una specie di Nobel nazionale, e l’architetto lo ritirava dal Capo dello Stato con Ennio Morricone, proposto dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Le curatrici della rassegna sono Giorgia Antonioli e Susanna Pisciella, chiarendo le loro scelte: “eden-eden segna la distanza, gli estremi entro i quali si muove l’opera di Renato Rizzi. Tra debito e dono. L’eden appartenente a ciascuno di noi nell’infanzia, viene poi dimenticato. Debito da restituire. Il dono, riconquista necessaria attraverso l’opera, è eden da trasmettere alle generazioni successive. Questo da sempre il compito dell’arte: riaccendere la meraviglia”.
Un’esposizione con più di 200 luoghi, inerenti a circa 30 progetti: ogni luogo equivale ad un soggetto architettonico in cui la geografia, teologia e mitologia si fondono in un solo elemento; nel lavoro di Renato Rizzi il mondo è il fulcro dell’opera rivolta allo spettatore.
Il metodo di rappresentazione dei progetti è già una critica completa al pensiero della nostra età. Una resistenza non solo verbale, ma tridimensionale, avente corpo e peso. I modelli infatti non sono il punto di arrivo, ma basilare metodo operativo. Essi azionano il procedimento di inversione dello sguardo per il quale non siamo più autori, ma attenti ricettori. In tutto ciò, lo spazio astratto e omogeneo, paradigma mediatico del nostro tempo, si contrae in luoghi.
Malgrado i plastici ed i progetti esposti siano già molto celebri, “eden-eden” crea una significativa raffigurazione di un emblematico interprete del nostro mondo contemporaneo, in continua evoluzione che, mediante la sua soggettiva analisi, ha conseguito una critica totale del nostro tempo e dell’architettura medesima nei suoi contenuti più profondi.
Nelle sue opere è presente una tensione fra le due componenti dell’architettura: l’archè e la tecnè, due poli che si sono divisi con la predominanza del paradigma scientifico. Una critica convalidata dalla produzione e dalla figura del filosofo Emanuele Severino.
Un lavoro intellettuale che si rispecchia sul procedimento e sulla pratica progettuale dell’architetto Rizzi, nella capacità di identificare l’opposizione e le opportunità proprie del progetto e dei luoghi, “ascoltando e non dominando”. Temi che si riflettono nel quesito della rappresentazione e della costruzione, nella esigenza della forma e nella rilevanza del tempo.
Procedimenti intensi di significati e testimonianze storiche, nei progetti riaffiorano i tratti e la complessità della progettazione da lui proposta, un’elaborazione in cui l’effigie dell’architetto diviene testimone e dove lo scopo è quello di determinare stupore.
I curatori dell’esposizione e gli organizzatori sono: Claudio Strinati, Serenita Papaldo, Francesco Cellini, Laura Bertolaccini, Carolina Brook, Elisa Camboni, Fabrizio Carinci, Giulia De Marchi, Fabio Porzio.
Illustra lo storico dell’arte Claudio Strinati nella introduzione della guida della rassegna: “L’Architettura, nella dottrina di Rizzi, è concreta fabbricazione incardinata nella consapevolezza dell’imprescindibilità di principi teorici non possibili, tuttavia di essere fissati una volta per tutte e con valore assoluto. Questa formidabile tensione creativa è ben rintracciabile nei modelli qui esposti che, tutti insieme, costituiscono un tragitto di esaltante scoperta”.
“eden-eden”, è allestita in tre sale al piano terra.
La prima sala, quella centrale, è determinata da una splendida scenografia formata da circa 170 modelli in gesso, relativi appunto ad una trentina di progetti creati dall’architetto e dai suoi studenti e collocati in modo verticale su tre pareti. I plastici, adoperati quali strumenti di interpretazione dei territori e delle architetture, evidenziano le impressioni individuali dell’architetto. In tali modelli, Rizzi restituisce orografie intenzionalmente enfatizzate, identifica le relazioni tra le diverse figure urbane e realizza il vuoto di numerose chiese e cupole, dando vita in questo modo a particolari immagini dei luoghi.
Nella sala di sinistra è presente il progetto “Lampedusa: la Cattedrale di Solomon”, caratterizzato da maestosi plastici territoriali che rappresentano una grande cattedrale ipogea scavata nell’antro più nascosto dell’isola, in cui si arriva mediante un lungo percorso sotterraneo che inizia dal punto più alto di essa. Il progetto è rivolto alla riflessione riguardante la tematica incessante della tragedia migratoria attuando un grandioso paesaggio nascosto, un invisibile e segreto Pantheon che dà ospitalità ai migranti nella loro duplice religione islamica e cristiana, (Salomone è infatti Solomon).
Infine, l’ultima sala di destra, confronta due progetti rappresentanti un ideale, entrambi famosissimi: il Teatro elisabettiano di Danzica, edificato nel 2014, noto per la sua straordinaria apertura apribile e il Cosmo della Bildung, 2015, dove immagina un’aula ideale per 365 studenti nella cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze di Filippo Brunelleschi, considerata come programma didattico per l’introduzione agli enigmi dell’architettura.