“Facciamo finta che essere un burattino non significhi essere un pezzo di legno inanimato. Facciamo finta che il burattinaio non sia un deus ex machina bensì un braccio al servizio dei burattini. Facciamo finta che non esistano solo i burattini della tradizione, che Arlecchino possa recitare il Macbeth e che un coniglietto possa essere ritrovato a casa del diavolo. Che Pulcinella abbia avuto una figlia con la Morte e che Pinocchio e Gesù possano dialogare da una cella all’altra di una prigione, facciamo finta che …”
Così Gigio Brunello, autore di testi di drammaturgia di figura e di prosa, nonché attore, introduce il suo lavoro di burattinaio e di sperimentatore di nuove possibilità del teatro in baracca. A partire dal 1978, anno del suo esordio, nel tempo ha presentato al pubblico spettacoli originali di burattini e rivisitazioni di classici: da Goldoni a Nievo, da Buchner a Shakespeare, con i quali ha ricevuto numerosi riconoscimenti sia in Italia che all’estero.
Autore di teatro, attore e soprattutto burattinaio, l’artista da oltre 40 anni ha messo al centro della sua vita i di burattini. “Il burattino è diverso dalla marionetta – ci spiega Gigio Brunelli – Il burattino può stupire più dell’uomo, regalare risate al pubblico che si appassiona, si fa coinvolgere dal burattino e, tornando a casa, continua a pensarci”.
“Fare teatro con i burattini ha un valore aggiunto importante – spiega l’autore – è un teatro di grande ricerca e nel metterlo in atto si utilizza anche la drammaturgia del cinema con una sorta di sceneggiatura: il pubblico ride, si appassiona, si fa coinvolgere dai personaggi e tornando a casa ripensa alla storia che ha visto rappresentata.”
Ed è proprio quello che succede guardando lo spettacolo Macbeth all’improvviso, ideato da Brunello nel 2002 insieme all’autore ungherese Gyula Molnàr e ancora oggi apprezzato dal pubblico dei teatri. Un’opera per burattini liberamente tratta dal Macbeth di William Shakespeare che, tra rivisitazioni letterarie, battute a ruota libera e personificazioni azzardate – Brighella è lady Macbeth e Arlecchino è Macbeth – riesce a far emozionare, mettendo in scena la ribellione dei burattini nei confronti del burattinaio, loro artefice, che sarà poi ucciso, e la rivincita dei comici dell’arte.
Gigio Brunelli ha ricoperto a lungo il ruolo di insegnante di italiano e storia, ricordando con affetto un ragazzo afghano che aveva attraversato numerose peripezie per arrivare in Italia e che in pochi anni aveva imparato talmente bene il veneziano da far a gara con lui per chi si ricordasse a memoria più versi di Foscolo e Leopardi. L’idea di farne il protagonista di un’operetta morale, raccontando la sua storia e il suo viaggio e immaginando che questo ragazzo potesse incontrare un uomo a Rodi che gli desse una bottiglia d’acqua per aiutarlo, purtroppo non si è mai concretizzata.
Tuttavia il pensiero verso chi si trova in situazioni di difficoltà è sempre rimasto centrale nel lavoro di Gigio Brunello, come testimonia lo spettacolo Beati i perseguitati a causa della giustizia perché di essi è il regno dei cieli. Dialogo tra Gesù Nazareno e Pinocchio incarcerati, in cui due protagonisti dialogano tra le sbarre della cella di tutto ciò che in quelle quattro mura manca loro. Perseguitati dalla giustizia, camminano entrambi sulle acque: in una cella Pinocchio, nell’altra Gesù.
L’artista si confessa ai nostri microfoni, raccontandoci che: “Il teatro di figura, che utilizza appunto burattini, marionette, pupazzi e oggetti come protagonisti, è grandioso, unico nel suo genere e permette di dire quello che altre forme artistiche non permettono; è una forma d’arte che sta dalla parte di chi non viene considerato: una sorta di intrattenimento popolare e per bambini”.
Custodiamo con cura, quindi, questa forma di teatro, che riesce a cogliere l’intimità dei dialoghi attraverso un linguaggio fatto non solo di parole e risate, ma che sa davvero guardare chi sta in disparte e lo porta al centro della scena: un burattino come occasione di riscatto, per volare dove iniziano i sogni.