Falsi letterari: una storia di menzogne

La storia della letteratura è costellata di imitazioni, falsi e difficili attribuzioni. Più si torna indietro nel tempo, maggiore è la difficoltà di raggiungere la verità, il nucleo originario di un’ispirazione o di un processo creativo. Per questa ragione, da secoli, gli studiosi dibattono sull’autenticità di testi letterari fondamentali, non solo per la storia letteraria ma anche per un’intera cultura e, in molti casi, di testi che hanno avuto un’importanza fondamentale nella storia dell’umanità. A questo si aggiunga il fatto che, soprattutto nell’Antichità e nel Medioevo e fino all’Età Moderna avanzata, il concetto di autorship come lo concepiamo adesso era del tutto sconosciuto. In principio, come sempre verrebbe da dire, fu Omero, questo nome granitico sotto il quale nei secoli sono stati tramandati i due testi fondamentali della cultura occidentale, l’Iliade e l’Odissea. Vera e propria “enciclopedia tribale”, i due poemi sono stati accostati, per la loro natura fondante a ciò che rappresenta la Bibbia per la cultura semitica. Esiste, però, fin dall’Antichità, una questione omerica, una querelle sulla reale identità o sulla reale esistenza di Omero. Anche a Roma, però, i falsi prosperarono. In questo caso, era il sistema scolastico stesso a favorire la loro diffusione: i giovani delle classi abbienti, infatti, a scuola venivano invitati dai maestri ad esercitarsi nella discussione di argomenti trattati all’interno di importanti opere letterarie, oppure a scrivere nello stile e con la lingua di un grande autore o, ancora, a consigliare la condotta più utile ad una figura del passato. Per fare questo, gli studenti erano spinti a “diventare” l’autore che dovevano imitare e alcuni di essi, particolarmente capaci, hanno prodotto dei testi che sono riusciti ad ingannare per secoli gli studiosi. È il caso, ad esempio delle due invectivae che sono entrate a far parte del corpus delle opere ciceroniane, ma non sono state affatto scritte dal grande autore latino né, tantomeno, dal suo “nemico” Sallustio, cui una delle due è stata attribuita. Non si può dimenticare, infine, un documento storico-letterario che ha influenzato profondamente la storia dei rapporti tra potere imperiale e papato per tutto il Medioevo: la Donazione di Costantino, con la quale il grande imperatore romano del IV secolo avrebbe concesso al papa il potere temporale e il possesso dei territori di Roma. Si tratta, ovviamente, di un falso clamoroso, probabilmente redatto secoli dopo la morte di Costantino, che il papato sfruttò per giustificare il proprio potere politico su Roma e fu smascherato solo nella prima metà del XV secolo dal grande umanista Lorenzo Valla. La storia – e non solo quella letteraria – è dunque piena di falsi, che hanno il fascino di ciò che riempie gli spazi lasciati bianchi e di raccontarci la verità, quella di qualcun altro.

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