Fausto, la democrazia dell’infrazionismo. Giochi di parole, provocazioni e uno stile inconfondibile: è Fausto Delle Chiaie, un artista italiano di grande valore che si definisce “il custode, il curatore, il trasportatore, l’allestitore, il fotografo, il pubblicitario, il direttore, l’opera stessa”. Passeggiando per il centro di Roma è possibile assistere a delle mostre “infrazioniste” da lui organizzate; l’Infrazionismo, di cui Fausto ha scritto il manifesto, è una corrente artistica che individua l’infrazione come “un’azione-collocazione-donazione di una o più opere, mostrate a terra da parte dell’artista, nei luoghi dell’arte, e il suo susseguente allontanamento dall’opera e dal luogo. […] L’Infrazione è mostrare ed evidenziare la storia vista in maniera superficiale, […] è il grido d’allarme artistico del malessere storico; dell’accecamento del semplice e dell’umile. L’Infrazione nasce dalla privazione della realtà visiva d’agire-pensare-fare. […] È la goccia che trabocca e vuole vivere con l’acqua.” In pratica, Delle Chiaie introduce di nascosto le sue opere in spazi espositivi pubblici scegliendoli in libertà ed autonomia: nel 1987 mostra le sue opere sulla salita del Pincio, ma poi approda a Galleria Sciarra, e a piazza augusto imperatore nell’89. Oggi è possibile trovare le sue esposizioni davanti all’Ara Pacis. Nel corso della sua carriera ha esposto in Italia e all’estero: Bruxelles, Limerick, Anversa. Per le sue opere usa diversi materiali e tecniche come la fotografia, la scultura, la pittura; a volte utilizza giocattoli per veicolare alcuni messaggi, altre volte dei gratta e vinci strappati, altre ancora dei sassi, non è raro che usi materiali di scarto o di recupero. Vive delle offerte dei passanti, e anche la raccolta di queste trova spazio nel museo “infrazionista” a cielo aperto: un origami a forma di barca dal titolo “ho fatto una barca di soldi”. È possibile a volte trovarlo nei paraggi delle sue esposizioni, tanto che un’opera intitolata “doppione” non è altro che la fotografia dell’artista, che si trova alle spalle del visitatore. Il suo operato è stato spesso definito “democratico” dato che chiunque ha accesso alla sua arte.
«È stato uno degli esempi di maggiore successo di arte pubblica che io avessi mai visto.»
Iwona Blazwick.
Nel 2010 viene prodotto un documentario sulla giornata tipo dell’artista dal titolo “Robaccia-Rubbish” proiettato sia all’Ara Pacis che durante la biennale di Venezia del 2011. Nel 2013 viene distribuito un secondo documentario dal titolo “Il museo chiude quando l’autore è stanco” in cui l’artista si racconta a livello artistico e personale e nello stesso anno viene prodotto un terzo docufilm, sull’idea di “Robaccia-Rubbish” intitolato “Ho fatto una barca di soldi” (titolo che fa riferimento ad una sua opera). A lui sono state dedicate tesi di laurea, trasmissioni televisive, mostre di vario genere e una collezione primavera-estate di Moschino del 2017 in cui le sue opere sono state usate per la realizzazione di alcuni abiti. L’artista, oggi 77enne, ha appena concluso una personale mostra intitolata “Lì per Lì” al museo Nazionale Concordiese di Portogruaro (VE) In foto, un’opera comprata da un collezionista.
Testo e foto di Manuel Grande